
A sinistra i carabinieri perlustrano la vecchia stalla nell’area dismessa dell’ex caserma dove è avvenuto il delitto, a destra lo zio della vittima, Andrés Sanchez Nuñez
Macherio (Monza e Brianza), 20 luglio 2025 – “Non volevo ucciderla, la amavo”. Alexander Vilcherres Quilla ha accettato di parlare e ieri mattina al carcere di via Sanquirico, davanti alla giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza Angela Colella, ha rotto il silenzio (in un primo momento aveva fatto scena muta davanti al pm Michele Trianni) e ha confessato l’omicidio commesso mercoledì sera a Macherio.
La confessione

Assistito dall’avvocata Gloria Rota del Foro di Monza, il peruviano di 33 anni ha confessato. E ha confermato la propria responsabilità durante l’udienza di convalida del fermo per omicidio volontario con cui era detenuto da quando i carabinieri di Monza lo avevano sorpreso mentre tentava di fuggire dal casolare abbandonato di via Visconti di Modrone dove poco prima aveva strangolato a mani nude la sua ex compagna, Geraldine Nuñez Sanchez Yadana. Una sua coetanea, dalla quale aveva avuto due figli.
L’allarme dei figli
Ed erano stati proprio i due ragazzini, di 17 e 13 anni, a lanciare l’allarme quando non avevano visto rincasare la madre quella sera dal suo lavoro come badante, con cui si manteneva e dava da mangiare ai figli dopo che una decina di mesi fa aveva abbandonato il Perù proprio per sfuggire all’ex compagno violento che la maltrattava e la picchiava regolarmente.
La fuga dal Perù
A Macherio la giovane aveva trovato rifugio con l’aiuto della mamma e dello zio, che già viveva in Brianza da cinque anni.
Ma Alexander non si era rassegnato. E l’aveva seguita in Italia. Dopo averla raggiunta sei mesi fa, si era accampato nel casolare all’ex caserma abbandonata dei carabinieri di Macherio, vivendo di espedienti e furtarelli (i carabinieri lo avevano già denunciato almeno tre volte in questi mesi). La sua ossessione era diventata convincere la donna a tornare da lui, con le buone o con le cattive. Tanto che i carabinieri erano già intervenuti denunciandolo per molestie. Ma questo non lo aveva fermato. Mercoledì scorso ha teso un agguato alla donna e l’ha costretta a entrare nell’ex scuderie davanti alla vecchia caserma. E qui l’ha strangolata.
Il selfie macabro
Poi si è scattato un selfie a cui ha aggiunto la scritta “Verdadero amor“, “Vero amore“, col cellulare della vittima. Circostanza che l’assassino reo confesso ha confermato all’udienza di ieri. “Volevo solo dimostrare tutto il mio amore per lei”. Ha invece negato di aver mai minacciato la donna. La giudice ha convalidato il fermo e disposto l’applicazione della custodia cautelare. Al processo si preannuncia lo scontro riguardo all’accusa di stalking – gli inquirenti ne avrebbero avuto conferma dai figli della donna – e alla premeditazione.
La difesa del figlio di 17 anni
La sera dell’omicidio, il figlio diciassettenne della coppia, preoccupato quando si era inaspettatamente sentito rispondere dal padre telefono della madre, era corso a cercarla con i suoi famigliari e aveva avuto uno scontro verbale e una piccola colluttazione col papà quando se lo era ritrovato di fronte al casolare. “Cosa hai fatto alla mamma?!”. Ma ormai era troppo tardi, inutili i tentativi dei soccorritori, per primi gli stessi carabinieri, di rianimare la donna col massaggio cardiaco.
Nel dispositivo di fermo dell’inchiesta coordinata dal procuratore capo di Monza Claudio Gittardi, è prevista l’aggravante della relazione affettiva avuta con la vittima. Tutte accuse che, quando sono connesse tra loro, prevedono la pena dell’ergastolo.
Intanto si attende anche l’esito dell’autopsia disposta dalla Procura, un atto dovuto in vista del processo.