STEFANIA TOTARO
Cronaca

Lo schiaffo all’indifferenza. Una cella rovente all’Arengario dove sperimentare il carcere

Denuncia in piazza degli avvocati della Camera penale di Monza sulle condizioni di tanti detenuti

L’avvocato Marco Negrini con Marco Sorbara e il garante dei detenuti Roberto Rampi

L’avvocato Marco Negrini con Marco Sorbara e il garante dei detenuti Roberto Rampi

Cosa accadrebbe se vi rinchiudessero insieme ad altri in una cella di 4 passi per 2 che si trasforma in un forno in piena estate? Che ne sarebbe della vostra dignità di persone? Ieri una struttura delle stesse dimensioni è stata montata all’Arengario dagli avvocati delle Camere penali del distretto di Corte di Appello di Milano-Lombardia occidentale (Busto Arsizio, Como-Lecco, Milano, Monza, Pavia, Sondrio, Varese) per sperimentare concretamente cosa significa vivere nelle condizioni che migliaia di detenuti subiscono ogni giorno nelle carceri, Monza compresa. In uno spazio da condividere ridotto al minimo che con il caldo diventa l’inferno. Tanto che alcuni cittadini si sono mossi per fare avere dei ventilatori ai detenuti di via Sanquirico.

“R-Estate in cella: il tema caldo del carcere“ è stata l’occasione per fare il punto su una situazione bollente. "Volevamo suscitare curiosità per denunciare come si vive l’espiazione della pena e spiegare che il carcere vissuto così non è rieducazione ma è una scuola di recidiva, quindi è interesse di tutti capire senza voltare lo sguardo", ha dichiarato il presidente della Camera penale di Monza, l’avvocato Marco Negrini. Perché il 30% delle persone in carcere è in attesa di giudizio e potrebbe essere innocente. Come è successo a Marco Sorbara, 55 anni, l’ex assessore di Aosta e consigliere regionale che ha trascorso 909 giorni dietro le sbarre con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Arrestato nel 2019, condannato in primo grado a 10 anni di reclusione, poi assolto, anche grazie alla difesa dell’avvocato monzese Raffaele Della Valle. Ora ha trasformato questa esperienza drammatica in impegno sociale. La cella fac-simile l’ha costruita lui e la porta con sé quando va a raccontare cosa gli è accaduto. "All’inizio volevo scappare perché mi sentivo sporco, inadeguato e non più considerato una brava persona – ha ricordato Marco Sorbara – e ho capito che alla politica di queste cose non interessa niente. Ma quello che è successo a me può capitare a chiunque. Al carcere di Biella sono stato 45 giorni in isolamento, di cui 33 senza vedere la mia famiglia, in una cella con il letto in ferro cementato. Ti tolgono tutto, anche la dignità". La recidiva è del 70%, ma nelle carceri dove c’è reinserimento scende sotto il 5%. "Stiamo lavorando sulla formazione e sul reinserimento lavorativo dei detenuti perché quello fatto fino ad oggi evidentemente non basta, altrimenti non saremmo in questa situazione", ha annunciato la consigliera lombarda e presidente della Commissione carceri Alessia Villa.