
Nel 2022 è stato il miglior direttore generale lombardo, dopo 6 anni torna a Milano. La ricetta del traghettatore verso il salto di qualità del polo di via Pergolesi:. puntare sulle case di comunità, sulla tecnologia e sulla medicina di famiglia.
Ha seguito passo dopo passo la trasformazione del San Gerardo in Irccs e prima era alla guida di Ats Brianza. Nel 2022 è stato il miglior direttore generale della Regione: Silvano Casazza lascia dopo 6 anni e mezzo i posti di comando della sanità brianzola per tornare a Milano, all’Agenzia di Tutela della salute, dove è cominciato il suo percorso da manager.
Uno strappo?
"Sì. Ma quello che ho imparato in questo lungo periodo mi accompagna, mi sono calato nel nuovo incarico con lo spirito di servizio di sempre. Non smetterò mai di ringraziare le due aziende che ho guidato in Brianza, i professionisti che hanno dato il massimo supportando il mio lavoro. In questo territorio le istituzioni hanno la capacità di fare squadra: una lezione fondamentale".
Com’è cambiata la sanità dopo il Covid?
"La pandemia ci ha dato una spinta verso l’evoluzione dei servizi, sempre più flessibili e tarati sulle esigenze dei cittadini. Chi in quei mesi era in prima linea ci ha aiutato a costruire un modello, a sistemare le cose. È emersa così la nuova formula: più integrazione fra management e chi è sul campo, a noi spetta il compito di tradurre suggerimenti e proposte in realtà".
Quali sono, adesso, le sfide sul tappeto?
"Bisogna portare a termine lo sviluppo delle case e degli ospedali di comunità per avvicinare il territorio cercando di coinvolgere la medicina di famiglia e integrandoli con i percorsi post dimissioni. L’ospedale deve evolvere verso maggior capacità di cura e diagnosi sfruttando le potenzialità della tecnologia, a cominciare dall’intelligenza artificiale. L’algoritmo è uno strumento importante".
Le criticità?
"Vanno evitate giocando d’anticipo. Prima come Asst e poi come Irccs, d’intesa con il consiglio di amministrazione, abbiamo lavorato per permettere al San Gerardo di rispondere ai bisogni dei pazienti per i prossimi 15 anni. A regime, alla fine della ristrutturazione, i posti letto saranno oltre 200 in più (900 in tutto) e questo potenziamento era uno degli obiettivi per questo pezzo di Lombardia insieme al nuovo pronto soccorso con il rinforzo della terapia intensiva neurologica e l’introduzione di quella pediatrica, condivisa con la Regione".
Da Asst a Irccs, ha guidato il percorso.
"Era stato avviato dal mio predecessore, Mario Alparone. Un unicum in Italia, l’istituto è nato dalla collaborazione pubblico-privato e ha permesso a Monza di diventare una struttura di livello anche per la ricerca".
Quando ha smesso di fare il ginecologo?
"Nel 1992, ma ogni volta che entro in contatto con questo mondo, sento il richiamo. Rifarei il salto, ma il primo amore non si scorda mai".
Il momento più difficile della sua carriera?
"I primi tempi della crisi sanitaria, navigavamo a vista. Sono nati allora rapporti con tanti colleghi cementati da quel che abbiamo vissuto".
E quello più bello?
"Non tanto le grandi scelte, ma quando sono riuscito ad aiutare singoli pazienti. Una gioia difficile da spiegare".
Università e giovani, due chiodi fissi per lei.
"Il rapporto con la formazione accademica è tutto, alle nuove generazioni non mi stanco mai di ripetere: lasciatevi trasportare dalla passione per un mestiere al servizio di chi soffre".
Quante ore lavora a giorno?
"Almeno 12".
E la famiglia?
"Insostituibile. Con una gran pazienza. Senza il loro supporto (moglie e due figlie, nessuna medico) nulla sarebbe stato possibile. Ma quando devo esserci, non manco mai".