MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Residenze Lac sotto sequestro, sogni in bilico fra teli bianchi e ponteggi vuoti

Dopo lo stop della Cassazione il destino delle tre torri vista parco è un’incognita. I residenti di Baggio: “Una bruttura”. Chi ha comprato: noi, beffati e in affitto

Il cantiere delle Residenze Lac visto dal Parco delle Cave

Il cantiere delle Residenze Lac visto dal Parco delle Cave

Milano, 6 agosto 2025 – Il “mostro“ ha la forma di scheletri di palazzi coperti da teli bianchi. Sotto ci sono le anime delle tre torri dai 9 ai 13 piani che svettano al confine del parco delle Cave, a Baggio, nell’estrema periferia ovest della città.

Oltre la rete all’ingresso di via Cancano è tutto fermo. Non un macchinario, non un operaio. E non potrebbe essere altrimenti, perché il cantiere-fantasma delle “Residenze Lac“ a cura della società Nexity è tra quelli finiti sotto sequestro per presunti abusi edilizi. Così l’intervento per realizzare 77 appartamenti resta paralizzato dal 19 luglio dello scorso anno, giorno dei sigilli. E Nexity si è vista confermare nelle motivazioni della Cassazione, non più tardi del 21 luglio scorso, lo stop alla costruzione delle strutture.

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In sostanza, i giudici hanno sottolineato che “per edifici di quelle altezze (tra 27 e 43 metri, ndr) va considerato l’impatto sul territorio”. La Suprema Corte aveva confermato ad aprile il sequestro del cantiere avallato dal Riesame, al quale si era opposta la società costruttrice Nexity. Per gli ermellini “non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori” a determinati limiti, “se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata”. E la struttura è praticamente nel parco, con vista sulla ex cava Cabassi, in uno dei polmoni verdi della città che in questo periodo è frequentatissimo da chi resta a Milano per cercare refrigerio dalla calura, e che per i cittadini resta un punto di riferimento verde in ogni stagione.

“Quel blocco di palazzi è una bruttura. Il Parco delle Cave è uno dei fiori all’occhiello di questa zona e non c’era bisogno di questo intervento che sicuramente peggiora la situazione a livello di impatto visivo e non solo”, riflette Antonella. Ma “potevano pensarci prima di fare costruire tutto questo. Le torri sono in fase avanzata e ora c’è tutto un ben di Dio nuovo, abbandonato, che con le intemperie si sta deteriorando. Infatti ogni tanto vedo staccarsi qualcosa. I teli protettivi non possono durare in eterno”, è il punto di vista di Luigi Devita. “Peraltro, un mio conoscente ha acquistato un appartamento all’ultimo piano ed è tra le persone gravemente danneggiate da tutta questa situazione”.

Tra le famiglie in attesa c’è anche quella di Cristian Coccia, in prima linea nel comitato ‘Famiglie sospese’: “In tutta questa vicenda – comincia – sono stati usati due pesi e due misure, perché alcuni cantieri sono andati avanti e altri sono stati bloccati nonostante le costruzioni fossero in fase avanzata. Noi siamo famiglie ‘normali’ che hanno investito per il futuro: una buona percentuale di acquirenti ha già pagato tra il 30 e il 50% dell’importo complessivo della casa e ora tutti stiamo vivendo disagi a vari livelli. Noi siamo rimasti nella nostra (vecchia) casa, al momento. Ma altre famiglie hanno venduto la propria per poter acquistare questa e ora sono in affitto. Alcuni speravano di cavarsela con un affitto-ponte di un anno e invece è diventato a tempo indefinito. Altri hanno iscritto i propri figli nelle scuole di questo quartiere, prevedendo di trasferirsi, e ora sono costretti a fare avanti e indietro dalla loro zona, distante anche chilometri, a quella delle “Lac“. Sono stati firmati dei preliminari d’acquisto davanti ai notai, che sono garanti di quegli atti. Ma ora tutto sembra carta straccia”.

Adesso, fuori dal cantiere resta la vigilanza. E c’è chi si ferma a osservare le torri a distanza. “Io penso che i lavori debbano ripartire – sottolinea Giuseppe Carsetti –, con anche gli interventi da realizzare attorno, per la zona”, con gli oneri di urbanizzazione. “E di servizi da realizzare in zona – conclude Antonio Maiorino, altro habituè del parco – ce ne sarebbero tanti. Penso alle manutenzioni carenti. Ma anche a strutture sportive. Perché no, a una piscina pubblica. Per compensare la presenza di questi palazzoni”.