
Nel riquadro, il professor Carlo La Vecchia (Statale): “Nel breve termine, la priorità è proteggere gli anziani”
Milano, 10 luglio 2025 - “I decessi per il caldo non sono triplicati, ma il problema dell’impatto dei cambiamenti climatici resta: l’eccesso di mortalità durante le ondate di calore è superiore al numero di decessi per incidenti stradali”.
Carlo La Vecchia, ordinario di Statistica Medica ed Epidemiologia all’Università Statale di Milano, inquadra gli ultimi dati dello studio guidato dall’Imperial College London e della London School of Hygiene & Tropical Medicine e l’impatto dei cambiamento climatici sulla salute dei milanesi.
Nello studio dell’Imperial College London, Milano è la città europea tra quelle analizzate dove il caldo tra il 23 giugno e il 2 luglio avrebbe causato più vittime: 317. È così? Ed è una minaccia sottovalutata?
“Doverosa premessa: quei dati sono sovrastimati, calcolati sulla base di modelli statistici che hanno molti limiti. Per “raddrizzarli“ bisogna confrontare i dati dell’anagrafe, calcolando decessi e funerali che ci sono stati nello stesso periodo. Detto questo, il problema è reale”.
Di che numeri parliamo, dal vostro osservatorio?
“In Italia l’eccesso di mortalità per le ondate di calore va dal 2 al 3%. A Milano, dove in condizioni normali ci sono 35-40 morti al giorno, ci sono stati mediamente un decesso o due in più al giorno. Nel mese di giugno sono stati una cinquantina, non sono raddoppiati o triplicati, ma parliamo comunque di un eccesso di mortalità superiore ai morti per incidenti stradali, anche se di età molto più avanzata”.
Come difenderci?
“È un grosso problema sul quale non si può intervenire in un mese. Quello che però possiamo fare, nel breve termine, è proteggere gli anziani: più della metà dei decessi legati al caldo, infatti, riguarda gli ultra 85enni. Anziani e grandi anziani vanno protetti perché perdono il senso della sete e l’equilibrio idro-salino. L’altro aspetto è non stare al caldo, esposti all’esterno, nelle ore centrali della giornata. Oltre alle temperature l’irradiazione solare è rilevante”.
Vanno in questa direzione le ultime ordinanze sull’orario di lavoro in Regione Lombardia.
“Sì, sono indicazioni che però non devono valere solo per le grandi imprese, ma anche per i contadini, i professionisti, gli artigiani e per chi lavora in proprio”.
Le città sono più esposte: andrebbero riprogettate per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici?
“Mettere più verde e piantare qualche migliaio di alberi in più serve, ma nelle aree urbane non ha lo stesso effetto dirompente. Anche depavimentare o scegliere materiali più chiari aiuta, ma non si può intervenire domani. La soluzione nel breve termine è riorganizzare gli orari e utilizzare aree con condizionamento”.
Deve cambiare l’orologio delle città, Milano inclusa?
“Il problema riguarda soprattutto le città che non sono organizzate per una vita “più calda“. Banalmente, Palermo è già abituata a convivere col caldo e più strutturata, anche i negozi restano chiusi nelle ore più calde e riaprono dopo le 17.30. Milano è meno abituata a ondate di calore, ma più organizzata rispetto a Londra, dove l’aria condizionata nelle case e nei luoghi pubblici è meno diffusa. Il global warming è un problema vasto e va affrontato da ora e con un’ottica di lungo periodo”.
Sono preparati i nostri ospedali ad affrontarlo?
“Le temperature in corsia sono ottimali e chi lavora in pronto soccorso fa il possibile, con tutti i problemi che ci sono, connessi alla mancanza di personale e ai troppi accessi. Solo i pazienti gravi dovrebbero rivolgersi al pronto soccorso, ma il problema drammatico è sempre uno: manca la medicina di territorio. Servirebbero più medici di famiglia a cui rivolgersi anche di fronte a problematiche di salute connesse al caldo”.
Oggi, con i cambiamenti climatici in corso, uccide più il caldo o il freddo?
“I picchi e le ondate di freddo causano ancora il doppio dei decessi rispetto al caldo. Anche perché i decessi per freddo si sovrappongono ai decessi per malattie virali. Un picco di decessi per ondate di calore si verificò nel 2003, quando a fine anno si contarono 10mila morti per il caldo in Italia: quell’anno eravamo totalmente impreparati alle ondate di calore estivo”.