
Un recente primo piano di Diego Abatantuono
Milano, 17 maggio 2025 – Ne ha fatta di strada il ragazzo del Giambellino, quartiere popolare nel quadrante sud-ovest di Milano, nato da papà calzolaio emigrato dalla Puglia e da mamma originaria di Como, dipendente al Derby, locale in cui sono state scritte pagine di storia del cabaret milanese. Diego Abatantuono; comico, attore e milanista (non è questo l’ordine che vorrebbe lui), è prossimo al traguardo dei 70 anni. Li compirà martedì 20 maggio. Un anniversario importante.
Un appuntamento che, per forza di cosa, è anche occasione di tirare un bilancio di una carriera vissuta fra (molti) alti e (qualche) basso, come da lui stesso raccontato in un’intervista al Corriere della Sera, dove ha parlato del periodo difficile vissuto a inizio degli anni ‘80, quando l’enorme successo delle prime pellicole comiche iniziava a sfuggirgli.
Fortunatamente, la svolta era dietro l’angolo, con la parte – inizialmente riservata a Lino Banfi – in "Regalo di Natale” di Pupi Avati, principio della mutazione da attore esclusivamente comico a interprete a tutto tondo, pur sempre nel segno della brillantezza.
Gli inizi
Abatantuono si fa le ossa sul palco del Derby. All’inizio come tecnico delle luci per i Gatti di vicolo Miracoli, il quartetto made in Verona formato da Jerry Calà, Umberto Smaila, Franco Oppini e Nini Salerno.
Successivamente guadagna spazio, partecipando a qualche sketch, fino a perfezionare il personaggio del “terrunciello”, l’emigrante (o figlio di emigranti) impegnato a cercare una sua integrazione a Milano anche attraverso un “patois”, irresistibile mix fra dialetti meridionali e il meneghino.
Sulla paternità di questa “maschera” si è a lungo discusso, se fosse da attribuire ad Abatantuono oppure a Giorgio Porcaro, cabarettista sempre del gruppo del Derby, scomparso a soli 50 anni nel 2002.
Il successo
Quale che sia il vincitore della contesa, è sicuramente Abatantuono a portare il terrunciello al cinema all’inizio degli anni ‘80 e a ottenere un incredibile riconoscimento dal pubblico. L’attore del Giambellino sforna film a ritmi da stakanovista della settima arte. In alcuni è protagonista (o almeno coprotagonista) – su tutti “I fichissimi” ed “Eccezzziunale veramente" – in altri si concede per un cammeo, spesso trascinando il film al successo.

La formula, però, mostra presto la corda. Quando Abatantuono alza il tiro, puntando sulla farsa in costume stile peplum di “Attila, flagello di Dio”, il flop è fragoroso. E non andrà meglio l’ultimo “pezzo” di questo ideale ciclo, “Il ras del quartiere”, che riporta l’azione a Milano, senza che cambi l’esito al botteghino.
Il ritorno
Abatantuono, a questo punto, vive un momento di profonda crisi, artistica e personale. Gli lancia una ciambella di salvataggio Pupi Avati, coinvolgendolo in “Regalo di Natale”, pellicola su una partita a poker con “pollo da spennare” che si trasforma in un micidiale tutti contro tutti al tavolo verde. Il cast è da ricordare – Alessandro Haber, Carlo delle Piane, Gianni Cavina – l’interpretazione di Abatantuono è a fuoco e mai sopra le righe.
È l’inizio di una nuova carriera, in cui Diego surfa con competenza sulle onde ad alta cresta del cinema d’autore e della carriera brillante, venendo chiamato da registi di primo piano per ruoli importanti.
Il sodalizio
È in questa fase che avvia il rapporto con Gabriele Salvatores, tanto radicato sul set quanto nella vita privava. Fra i due esiste da tempo una solida amicizia (il regista, per altro, è il compagno di Rita Rabassini, ex moglie di Abatantuono fra il 1984 e il 1987).

Con Salvatores Abatantuono consolida un personaggio “larger than life”, come direbbero gli americani. Spaccone, con qualche venatura di arroganza, irruento. Eppure, in fondo, buono e capace di grandi slanci di generosità. Insomma, l’ennesimo arcitaliano della galleria piena di volti memorabili – due su tutti, Alberto Sordi e Ugo Tognazzi – che ha fatto ricco il cinema tricolore.
I film con Salvatores hanno anche il pregio di farsi ritratto generazionale, venendo ancora oggi citati a memoria in alcuni dei loro passaggi più significativi da migliaia di over 40.
L’apice, ovviamente, è con “Mediterraneo”, vincitore dell’Oscar come migliore film straniero nel 1992, ma anche “Marrakech Express” e il malinconico “Turnè” si sono fissati nella memoria degli appassionati di cinema.
La maturità
Nel corso degli anni Abatantuono è tornato a frequentare con continuità il registro brillante. Fra film più o meno riusciti, certo, ma senza mai sconfinare nella volgarità o nel pecoreccio. E, spesso, consegnando alla storia della commedia italiana interpretazioni azzeccate. O, almeno, solide.
Non sono mancate le ospitate in televisione, spesso in trasmissioni calcistiche. Il pallone, del resto, è una grande passione di Abatantuono, insieme alla cucina. A “Controcampo” e “Quelli che il calcio”, ha commentato con simpatia e una certa competenza vittorie e rovesci del suo Milan.

Un piacere per lui che in Eccezzziunale Veramente fu il Ras della Fossa, capo ultras rossonero che ai suoi fedelissimi leggeva una versione tutta personale del vangelo in cui il Signore chiamava a sé Gianni Rivera, esortandolo a “ciappare il pallone, un Tango (storico marchio)” per andare “in giro per il mondo a insegnare il gioco del calcio”.