CHRISTIAN SORMANI
Cronaca

La mantide di Parabiago, Oliva scrive alla famiglia Ravasio: “Il vostro Fabio era una persona perbene, un errore essermi fidato di Adilma”

Il meccanico di Parabiago è a processo per omicidio insieme ad altri sette imputati. Dal carcere scrive una lettera ai genitori della vittima, puntando il dito contro la donna che lo ha circuito

Fabio Ravasio ucciso per l’accusa in un incidente ordito da Adilma Pereira Carneiro

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Parabiago (Milano), 19 giugno 2025 – È stata acquisita agli atti durante l’ultima seduta del processo per la morte di Fabio Ravasio la lettera scritta dal carcere il 18 settembre 2024 da Fabio Oliva, il meccanico alla sbarra con altre sette persone per l’omicidio del parabiaghese investito il 9 agosto 2024. Una lettera scritta dal carcere di Busto Arsizio al padre e alla madre di Ravasio.

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"Vi scrivo dal carcere” 

 “Mi chiamo Fabio Oliva e sono il meccanico a cui vostro figlio e la sua compagna si rivolgevano abitualmente per la manutenzione e la revisione delle loro autovetture. Vi scrivo dal carcere, dove mi trovo da 22 giorni. In questo tempo non ho potuto vedere mia figlia di cinque anni, e il dolore di questa lontananza mi ha portato a riflettere profondamente. Non riesco nemmeno a immaginare l’immensità della vostra sofferenza per la perdita di vostro figlio. Non entrerò nel merito della vicenda che mi riguarda: sarà il giudice a stabilire la verità, e io sono pronto ad assumermi le responsabilità per ciò che ho fatto”.  

"Filtro distorto” 

Oliva punta il dito contro Adilma: “Mi sento in dovere di dirvi che tutto ciò che ho saputo su di voi mi è arrivato attraverso il filtro distorto delle parole di Adilma. Purtroppo non ho mai approfondito davvero la situazione, e uno dei miei più grandi errori è stato proprio quello di non aver cercato la verità, fidandomi ciecamente di una sola versione. Per quel poco che ho conosciuto vostro figlio, posso dire con certezza che era una persona perbene, gentile e disponibile. Ricordo quando veniva in officina, e in particolare il giorno in cui ritirò la sua Mini: era entusiasta come un bambino". 

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"Ho un debito con voi” 

"Ho ancora negli occhi l’emozione che provava parlando della sua “principessa“, delle lacrime che gli brillavano agli occhi durante il saggio di danza. Siamo entrambi genitori, e credo che – al di là di ogni tragedia – possiamo considerarci fortunati per aver avuto la possibilità di veder crescere i nostri figli. In queste settimane di silenzio forzato ho capito di avere un grande debito nei vostri confronti. È per questo che, nel mio piccolo, voglio impegnarmi concretamente: con le mie competenze, il mio tempo e le mie risorse economiche voglio contribuire a sostenere una casa famiglia della nostra zona, dove i bambini vengono accuditi e cresciuti con amore. Vorrei organizzare un raduno di auto d’epoca per raccogliere fondi da destinare a questa causa”.  

"Voglio parlarvi” 

Poi la conclusione: “Infine mi rendo disponibile a un colloquio con voi. So bene che queste parole non potranno riportare indietro vostro figlio, ma sentivo il bisogno profondo di scrivervi”.