
Il filosofo Telmo Pievani
BERGAMO – “Un paradosso stranissimo, che mi ha sorpreso due volte: alla fine mio figlio Luca ha scelto proprio la traccia con il mio testo. Non l'avrei mai detto”. Il filosofo, docente universitario e saggista Telmo Pievani sorride al destino incrociato: suo figlio si sta maturando al liceo scientifico Mascheroni di Bergamo e si è trovato sul foglio le parole del papà.
Lei cosa avrebbe scommesso?
“Ero certo avrebbe preferito un’altra traccia: un po’ per distanziarsi, un po' per imbarazzo. E invece ha voluto sfidarla, e va bene così. Forse l’ha scelta per osmosi: ne ha sentito parlare talmente tanto ed è un tema che fa parte del dialogo intergenerazionale. Certo ha sorpreso anche me trovarmi tra le tracce della maturità”.
Non è un argomento scontato…
“Tutt'altro. Ed è un tema difficile e ampio quello sull’Antropocene, sul rapporto tra società umana e ambiente. Può essere interpretato in tanti molti, dal punto di vista evolutivo, ambientale, tecnologico”.
Se ne parla abbastanza a scuola?
“Forse in modo silenzioso, ma più di quanto si pensi e più di quanto ne parli l’opinione pubblica. Io vado nelle scuole quasi ogni settimana e vedo progetti bellissimi, che incrociano scienze, filosofia, educazione civica. Anche la scelta di questa traccia è un segnale: è un tema presente a scuola e mi auguro se ne parli di più”.
I ragazzi sono ancora sensibili all'emergenza climatica?
“Sì. C’è stato il gap della pandemia, che hanno vissuto anche i miei figli. Quando loro erano alle elementari se ne parlava di più: i movimenti giovanili non sono tornati più fuori come prima, ma questo non ha chiuso il dibattito tra loro. Fanno parte della generazione di nativi climatici d'altronde. C’è una sensibilità che sta crescendo e si vede da tanti indizi: quanti ragazzi non prendono più la patente?".
Prima era una tappa attesa. Quanto la maturità.
“E adesso non è più considerato indispensabile avere un motore a scoppio. E c’è un boom interessante di iscrizioni all’università per i corsi sull'economia circolare, su scienze ambientali, sul climate change: i ragazzi hanno capito che lì ci sono anche le professioni del futuro”.
E Luca, ha già scelto il suo futuro?
"Vuol fare il giornalista d’inchiesta. Tenterà di entrare nella scuola di Gorizia. La mia primogenita ha scelto invece Scienze ambientali".
Anche lui non si è distanziato tanto dal papà, però: lei ha un passato da cronista…
“E proprio al Giorno: studiavo all’università e intanto per guadagnare qualcosina lavoravo nella redazione di Bergamo. Mi piaceva moltissimo”.
Che traccia avrebbe scelto lei oggi?
"Quella sul rispetto: bella e attuale. La potevi declinare in diversi modi, dalla guerra al linguaggio violento dei social”.
Quale scelse quando toccò a lei?
“Era il 1989: scelsi una traccia ardita, tra Calvino e Karl Popper. Non fui capito. Puntavo a uscire con il 60, a scuola ero bravo. Fu traumatico, mi sono diplomato col 58. Ero arrabbiatissimo. Ma mi sono preso la mia rivincita: nel penultimo capitolo del mio libro ‘Tutti i mondi possibili’ ho pubblicato proprio il mio tema di maturità. Il tempo con me è sempre stato galantuomo. E sono sicuro che lo sarà anche per i maturandi di oggi e anche per quanti saranno deluso dalla valutazione. Andate avanti lo stesso, bisogna imparare anche dalle sconfitte: ci conto".
Il suo consiglio ai maturandi?
“Esplorate tante strade, se non avete le idee chiare non abbiate paura di sbagliare e cambiare. Vanno molto in ansia sulla scelta dell’università, guardano gli sbocchi occupazionali: ma tra cinque anni il mondo cambierà ancora. Fate quello che vi piace. Meglio un triennio ad ampio spettro, robusto, ma con con tante materie diverse per farsi una cultura. C'è per specializzarsi”.