PAOLA PIOPPI
Cronaca

Cristina Mazzotti, le drammatiche lettere della 18enne durante il sequestro: “Caro papà, fai presto o mi uccideranno”

La ragazza fu rinchiusa e morì in una buca nel 1975. La testimonianza unica e irrinunciabile acquisita agli atti del processo contro i tre esecutori materiali del rapimento, oggi tutti ultrasettantenni

La cava in cui fu ritrovato il corpo di Cristina Mazzotti, nel riquadro

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Eupilio (Como) – Le poche parole che implorano aiuto, la scrittura tremante e incerta. Cinquant’anni dopo il suo sequestro, avvenuto la notte del 30 giugno 1975, le lettere scritte da Cristina Mazzotti ai suoi familiari durante la prigionia, trasmettono ancora tutta l’angoscia di quei giorni.

Sono state prodotte ieri dagli avvocati di parte civile della famiglia, Fabio Repici ed Ettore Zanoni, consegnando alla Corte d’Assise di Como, una testimonianza unica e irrinunciabile di cosa ha rappresentato quel rapimento per una ragazza di soli 18 anni, con la costrizione a passare giorni in una buca scavata nel terreno, al buio e quasi senza aria. Sedata continuamente, fino a morire.

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“Caro papà – dice Cristina mentre trascina le lettere con una penna che fatica a reggere – mi hanno fatto scrivere le condizioni per il mio riscatto. Sono stremata, aiutami se puoi, fai presto. Ti bacio tanto, salute la mamma e tutti gli altri”. Poi tre pagine fitte di indicazioni da seguire, il percorso partendo da Erba alle 19 “del martedì del 29”. Paese dopo paese verso Arosio, Lentate, Rovellasca, e poi verso Lainate, Cantello e ancora verso Como, una persona sola a bordo di una “500 Fiat o 126”, velocità 40 o 50 all’ora. Fino a incontrare “improvvisamente un bastoncino con appesi due stracci, uno bianco e uno rosso”.

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Il segnale, a partire dal quale avrebbe ricevuto altre istruzioni. Ma la calligrafia a un certo punto cambia, qualcun altro ha proseguito nella stesura delle complesse indicazioni che Cristina non ha avuto la forza di scrivere. “Caro papà – scriveva nella lettera arrivata a casa Mazzotti l’11 luglio – ho tanta paura, sto male e soffoco. Non mi hanno mai fatto niente, ma se non paghi subito mi uccideranno. Mi hanno permesso di scrivere questa lettera per esprimerti la mia disperazione. Fai presto, voglio rivedervi tutti, non ne posso più”.

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La prossima settimana, inizierà la requisitoria del pubblico ministero Cecilia Vassena, a quasi un anno dall’apertura del processo contro i tre uomini ritenuti esecutori materiali del rapimento: Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò e Antonio Talia, tutti ultrasettantenni.