
Don Giusto della Valle, parroco di Rebbio, ha raccolto l’eredità di don Malgesini
Como, 19 settembre 2025 – La mattina del 15 settembre 2020, la vita di don Roberto Malgesini veniva stroncata a 51 anni da una raffica di coltellate sferrate da Ridha Mahmoudi, tunisino poco più che cinquantenne, che aveva atteso il sacerdote in piazza San Rocco, davanti alla sua parrocchia, colpendolo alle spalle. Uno delle tante persone in grave difficoltà che don Roberto aveva cercato di aiutare, come faceva ogni giorno, da anni. Rara figura di vera carità a Como, che ogni mattina caricava l’auto per fare il giro delle colazioni tra i senza fissa dimora.
Raccogliendo i loro disagi, le loro richieste di aiuto, e cercando di farsi tramite per alleviarne le difficoltà. Come aveva fatto anche con Mahmoudi, che invece lo aveva ritenuto responsabile dei suoi fallimenti, dell’impossibilità di rimanere in Italia stabilita dai Tribunali.

Il parroco di Rebbio
La scomparsa di don Malgesini, fin da subito aveva lasciato un vuoto enorme a Como: nessun altro svolgeva quel compito di carità percorrendo di persona i marciapiedi, le zone dismesse, i luoghi in cui trovava rifugio il disagio più estremo della ricca città di Como. Nessun altro tranne uno: don Giusto della Valle, parroco di Rebbio. Impegnato nel prestare ospitalità e accoglienza a chi arriva da lontano e non trova punti di riferimento. Famiglie, ragazzi. Il suo oratorio trasformato in un dormitorio per togliere i giovani dalla strada, una scuola per insegnare loro l’italiano, una cucina e un orto per dare il senso del lavoro e dello stare insieme, mentre si impara una professione che, un po’ alla volta, consente di guadagnare autonomia e di costruirsi una vita.

“Se te ne vai ci fai un favore”
Attaccati entrambi dal Comune di Como, in tempi e con modi diversi, ma senza mai trattenere il fastidio per la loro presenza e il loro impegno. Malgesini multato dalla polizia locale per la sua assistenza ai senza dimora, don Giusto destinatario della collera dell’attuale sindaco, Alessandro Rapinese: “Se va via è un bene per tutti”, aveva detto qualche giorno fa, quando il sacerdote di Rebbio aveva definito Como una “città disumana” dove “l’intolleranza si fa strada nei quartieri e facciamo fatica a identificarci con chi ci governa”. Scatenando fin da subito catene di solidarietà al sacerdote e di odio contro di lui, fino alle minacce ricevute in queste ultime ore da un residente infastidito dai rumori provenienti dal campetto di calcio: da “fai schifo”, fino a “sei l’Anticristo“ e “un giorno la pagherai per la tua arroganza”.

Le parole di Cantoni
Il vescovo di Como, Oscar Cantoni, ha sostenuto l’operato di don Giusto: “Esprimo – ha detto – un caloroso invito a una profonda pacificazione, alla rimozione di ogni ostacolo e di ogni espressione verbale che impedisce o scoraggia la costruzione di una città di tutti, di una casa comune dove abitano solidarietà e legalità, dove si sperimenta un’autentica convivialità delle differenze, nel pieno rispetto della dignità di ogni persona e dell’intera Comunità”. Lo stesso spirito che, in occasione della ricorrenza dell’omicidio di don Roberto Malgesini, ha animato la sua omelia, nella quale è stato annunciato l’avvio della procedura canonica per la beatificazione. “Ho già chiesto al Dicastero dei Santi in Vaticano su come procedere”, ha detto Cantoni.

"Gesti semplici”
“Don Roberto Iniziava la sua giornata con gesti semplici, ma eloquenti, distribuendo la colazione a tutti, augurando una giornata lieta, riconosceva ogni persona importante e preziosa, chiunque fosse. Era capace di trasformare gesti semplici e umili quale l’offerta di un caffè e brioche in una occasione per generare solidarietà, per esprimere vicinanza, suscitare compassione, esprimere tenerezza. Gesti di cui noi tutti abbiamo bisogno”.