ROBERTO CANALI
Cronaca

Don Giusto Della Valle e i due volti di Como: “Accogliente con i turisti, indifferente con i poveri”

Parla il sacerdote che ha litigato con il sindaco Alessandro Rapinese sulle colazioni servite per strada ai senzatetto: “Ma anche il ceto medio, ormai, viene espulso da questa città”

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Don Giusto Della Valle, prete di frontiera, è parroco di San Martino a Rebbio, periferia di Como

Como, 20 agosto 2024 – Como la ricca, capitale di Lariowood. Como che chiude gli occhi davanti ai poveri. Una città, due anime. “Accogliente con i turisti di tutto il mondo che si concedono vacanze da sogno, inospitale al limite dell’indifferenza” con i senzatetto e i migranti costretti a dormire per strada. “Un’emergenza che ormai è diventata cronica”, è l’affondo di don Giusto Della Valle.

Il prete di frontiera – presbitero della diocesi e già prete Fidei donum in Africa per tredici anni, oggi parroco di San Martino a Rebbio, periferia di Como – è l’erede di don Roberto Malgesini, assassinato da uno sbandato nel 2020. L’impegno per gli ultimi ha portato a don Giusto molti elogi e altrettante critiche, comprese quelle del sindaco Alessandro Rapinese contrario alle colazioni servite per strada ai clochard. “Creano assembramenti”, ha sentenziato Rapinese.

Don Giusto ha risposto con l’ironia, facendosi recapitare 240 tonnellate di cocco dalla Costa d’Avorio per raccogliere fondi con le “coccolazioni”.

Intanto, come va l’iniziativa?

“Non si vede nessuno, ma poco male: l’avevo previsto. La mia era una provocazione. Per fortuna qualcuno è venuto a comprare il cocco e siamo riusciti a recuperare un po’ di fondi”.

Perché la città è così brava ad accogliere i turisti internazionali e ha tante difficoltà a dare una mano alle persone in difficoltà?

“Per paura e mancanza di programmazione politica. C’è una visione miope che spinge a considerare chi arriva qui in cerca di lavoro o di un’opportunità solo come un problema. Noi proviamo ad aiutarli e a formarli con le risorse a disposizione, ma negli ultimi anni è sempre più difficile: manca il sostegno dello Stato. Nessuno vuole dar loro casa e lavoro. Si aspetta che i migranti finiscano per strada, assoldati dalla criminalità, o che semplicemente impazziscano, così le persone si sentono più insicure e i politici possono prendere voti ancora più facili”.

L’anno scorso fece notizia perché invitò a “occupare le case sfitte”: ha cambiato idea?

“Fa male vedere la gente che dorme per strada e sapere che ci sono tante case di proprietà pubblica e spazi inutilizzati. Solo a Como si contano oltre 300 alloggi comunali vuoti da moltissimo tempo: alcuni sono stati affidati ad Aler, ma è cambiato poco. Oggi non si può permettere un tetto sulla testa non solo chi vive ai margini, ma anche il ceto medio che ha un buon lavoro: insegnanti e infermieri, per dire, sono costretti ad abitare fuori città. Lo stipendio di un infermiere è di 1.500 euro al mese quando a Como un appartamento non viene affittato a meno di 800. Conosco famiglie di immigrati, perfettamente inserite, che non riescono a trovare un appartamento per i costi e la diffidenza nei loro confronti”.

Adesso ci si è messo anche il turismo a rendere tutto più complicato...

“Io arrivo dalla Valtellina, di turismo capisco qualcosa anch’io. Per questo dico: occorre far convivere i turisti con la popolazione locale, rendere questo fenomeno più umano. Invece in centro a Como ci sono persone che possono permettersi di spendere più di mille euro a notte in hotel, insieme ad altre che dormono sotto le stelle”.

Ne ha parlato con il sindaco Rapinese?

“Non ci siamo incontrati. Qualche mese fa gli avevo proposto di affidarci gli appartamenti abbandonati, li avremmo fatti sistemare a nostre spese: non si è fatto vivo nessuno. La stessa cosa vale con le strutture di accoglienza presenti sul territorio. Dieci anni fa c’erano diversi centri in funzione non solo per i migranti adulti, ma anche per i minori stranieri non accompagnati: adesso non è rimasto più nulla. Como è una città di frontiera, queste persone continuano ad arrivare da tutta Italia con la speranza di poter attraversare il confine con la Svizzera e raggiungere il Nord Europa. Non possiamo solo attendere che passi l’onda, e sperare che si stanchino. Non succederà”.