
Un sopralluogo degli ispettori della commissione d'inchiesta, voluta dal ministero del infrastrutture, sul luogo dell'incidente della funivia del Mottarone a Stresa il 1° giugno 2021
Varese, 14 settembre 2025 – "Alla fine è molto trasversale l'idea che ci si possa mettere una pietra sopra": lo dice all'Agi una fonte legale che vuole rimanere riservata, ma che descrive con efficacia il clima in cui il prossimo giovedì 18 settembre riprenderà l'udienza preliminare per il tragico schianto del maggio di quattro anni fa, quando persero la vita 14 persone che viaggiavano nella cabina numero 3 della funivia del Mottarone. La sensazione è che si vada verso la definizione di diversi patteggiamenti: una ipotesi che era emersa già a giugno, quando nel corso dell'udienza preliminare il pubblico ministero Alessandro Pepe aveva accettato di rimodulare i capi di imputazione, come richiesto dal gup su istanza delle difese, escludendo di fatto la fattispecie dolosa.
“Soluzioni in tempi contenuti”
Lo stesso procuratore capo aveva sottolineato come il nuovo assetto dell'atto d'accusa potesse favorire "una soluzione più rapida" che, aggiungeva, "in un processo di questo genere non ci sembrerebbe una scelta sbagliata. Avere eliminato motivi di frizione può rendere possibili percorsi che ottengano l'obiettivo – aveva aggiunto – di raggiungere una soluzione in un tempo più contenuto".
Le ipotesi appena tratteggiate tre mesi fa hanno preso via via sempre più forma: nel corso dell'estate i legali di diversi imputati sono stati "avvistati" a Verbania; legittimo pensare che si sia intrecciato un dialogo con la Procura che giovedì potrebbe concretizzarsi in richieste di definizione concordata delle pene per diversi imputati.

Il capotecnico e l’ingegnere
Chi aveva già annunciato la richiesta di patteggiamento, è Marcello Perillo, difensore di Gabriele Tadini, il capotecnico della funivia che fin dall'inizio della vicenda ha confessato di avere materialmente inserito i cosiddetti "forchettoni" che inibivano il funzionamento dell'impianto frenante di emergenza. Perillo aveva depositato già lo scorso anno un'istanza in questa direzione, ma la Procura non si era detta disponibile. Ora con un nuovo procuratore e nel nuovo scenario tornerà certamente alla carica.

Potrebbero seguire la stessa strada anche Andrea Da Prato, difensore di Enrico Perocchio, l'ingegnere biellese direttore tecnico dell'impianto, che già a giugno aveva sottolineato come con gli ultimi aggiustamenti dei capi di imputazione la posizione di Perocchio si sarebbe alleggerita aprendo la strada "alla definizione di una pena non intramuraria".

Il titolare della concessione
Non aveva escluso la strada del patteggiamento anche Pasquale Pantano, difensore di Luigi Nerini, titolare della società concessionaria della funivia, che finora non si era mai espresso in materia. Da capire ancora come sia maturata la posizione del pool difensivo di Martin Leitner e Peter Rabanser, i due rappresentanti di vertice di Leitner, la società altoatesina che si occupava della manutenzione degli impianti. Il coordinatore del pool avvocato Federico Cecconi, ha sempre ritenuto che si dovesse escludere "qualunque forma di responsabilità" già in fase preliminare. Ma alcuni segnali lasciano pensare che possa essere cresciuta la consapevolezza di percorsi processuali anche diversi.

Risarcimenti milionari
Si va dunque verso una strada che, all’epoca dei fatti quattro anni fa, sembrava quasi impensabile quando l’indagine – con la regia della procuratrice capo di Verbania Olimpia Bossi – muoveva i suoi primi passi. A determinare questa nuova “traiettoria” hanno sicuramente pesato i risarcimenti pagati alle parti civili dalla società bolzanina Leitner e dai legali di Nerini. La Leitner, in particolare, ha patteggiato accordi di risarcimento con 93 parti – compresi i famigliari dell’unico sopravvissuto Eitan Biran di 5 anni – per un ammontare complessivo compreso fra i 25 e i 30 milioni di euro.

Chi erano le vittime
Dei 14 morti nello schianto della cabina precipitata da un’altezza di 20 metri, 5 erano residenti in provincia di Varese – i fidanzati Silvia Malnati e Alessandro Merlo di 27 e 29 anni, residenti nel capoluogo e la famiglia composta da Vittorio Zorloni, Elisabetta Persanini e Mattia Zorloni di soli 5 anni, residenti a Vedano Olona – mentre altre tre vittime di nazionalità israeliana – Tal Peleg, Amit e Tom Biran – risiedevano a Pavia. Assieme a loro persero la vita Barbara Konisky Cohen, Itshak Cohen (il nonno di Tal Peleg), Serena Cosentino, Angelo Vito Gasparro e Roberta Pistolato.

Eitan, l’unico sopravvissuto
Unico sopravvissuto, Eitan Biran primogenito di Tal Peleg e Amit Biran, al centro pochi mesi dopo l’incidente di un rocambolesco tentativo di sequestro da parte del nonno materno, Shmuel Peleg, intenzionato a portarlo con sé in Israele per sottrarlo alla zia paterna a cui il piccolo era stato affidato. Una sentenza della Corte suprema di Tel Aviv e una difficile, e delicata sul piano diplomatico, trattativa fra Italia e Israele decretò alla fine l’affidamento in via esclusiva del bambino alla zia.