ROSELLA FORMENTI
Cronaca

Processo Marco Manfrinati, testimonianza choc di Lavinia Limido: “Il mio ex marito mi accoltellava alla testa senza dire una parola”

In Corte d’Assise a Varese ieri è stato il giorno della ricostruzione delle vittime sui fatti di via Menotti nel maggio 2024 quando l’avvocato uccise il suocero

Lavinia Limido ha deposto ieri in aula nel processo a carico dell’ex marito Marco Manfrinati (a destra)

Lavinia Limido ha deposto ieri in aula nel processo a carico dell’ex marito Marco Manfrinati (a destra)

Varese, 12 settembre 2025 –  “Mi accoltellava alla testa, in silenzio”, terribile la testimonianza di Lavinia Limido, 38 anni, che in lacrime ha ripercorso i momenti della violenta aggressione del 6 maggio 2024 subita fuori dall’ufficio in via Menotti a Varese da parte dell’ex marito Marco Manfrinati, 42 anni. Il processo a carico dell’ex avvocato quarantaduenne imputato per l’omicidio del suocero Fabio Limido, 71 anni e del tentato omicidio della ex moglie, salvata dall’intervento del padre, a cui non hanno lasciato scampo le coltellate, è ripreso ieri mattina davanti alla Corte d’Assise a Varese. In aula ieri hanno testimoniato le parti offese, Lavinia e la madre Marta Criscuolo, con l’assistenza dell’avvocato Fabio Ambrosetti.

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Un incubo quello rivissuto dalla giovane donna sottoposta al controllo ossessivo e alle minacce di Manfrinati: “L’unico modo per andare via da lui era scappare”, ha detto. Decisione messa in atto nel luglio 2022 quando si è allontanata dalla casa famigliare con il figlio. Prima dei tragici fatti del 6 maggio, dopo l’allontanamento, l’odio di Manfrinati nei confronti dell’ex moglie e della sua famiglia e l’ossessione di voler vedere il bambino erano continuati, manifestati nei messaggi con minacce sempre più pressanti.

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Marco Manfrinati

Parole raggelanti, intrise anche di fanatismo religioso, in uno l’ex avvocato diceva: “Sono l’inviato di Dio, io sono il messaggero della morte”, in un’altra occasione, ha ricordato la giovane donna, “Mi disse che avrebbe ammazzato me, mia madre, sua madre e anche il bambino”. Terribile il ricordo del 6 maggio dello scorso anno, la vittima ha descritto la tragica sequenza dell’aggressione , prima le coltellate contro di lei quindi l’arrivo del padre, con una mazza da golf nel tentativo di difenderla, contro cui si sarebbe scagliato l’ex marito ferendolo mortalmente. In soccorso in quei drammatici istanti alcuni vicini di casa, il pensiero di Lavinia al padre: “Aiutate mio papà, dicevo, avevo paura per lui”.

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Nel pomeriggio la deposizione della madre di Lavinia, Marta Criscuolo. che ha ricordato il momento dell’omicidio del marito: “Ho visto Manfrinati in ginocchio che sorridendo mi ha detto: avete visto cosa succede a non darmi mio figlio? Come sta tuo marito? Vai a vedere”. Quindi ha riferito delle continue minacce e degli insulti e della cartolina inviata dal carcere in cui Manfrinati avrebbe sbeffeggiato la morte del marito. Oggi si torna in aula. Il 26 maggio scorso Manfrinati è stato condannato in Tribunale a Varese a 4 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione per il reato di stalking nei confronti della famiglia Limido. Nei giorni scorsi è stata depositata la sentenza nella quale il giudice Luciano Luccarelli motiva la decisione di non applicare sconti di pena all’imputato in quanto Manfrinati non si è mai pentito per le proprie azioni.