Milano, 12 settembre 2025 – Asia (nome di fantasia) sta raggiungendo a passo svelto la stazione di San Zenone al Lambro. Sono le 23 del 30 agosto: tra pochi minuti partirà l’ultimo regionale che la riporterà a Milano, nell’appartamento della periferia nord che la diciottenne divide con i genitori. In via del Bissone, strada che congiunge la frazione Ceregallo a Sordio, c’è a un certo punto un sottopassaggio, poco prima dei parcheggi dello scalo ferroviario.

Il predatore in azione
È lì che si materializza un uomo, che per la Procura di Lodi e i carabinieri è il venticinquenne maliano Harouna Sangare. Lo sconosciuto sbuca dal guard rail e punta Asia: “Si avvicinava a me – metterà a verbale la ragazza nella caserma di Melegnano – e con il flash del telefono cominciava a fissarmi. A quel punto gli chiedevo cosa volesse: ‘Cosa guardi?’. Lui mi raggiungeva e con forza mi bloccava stringendomi tra le sue braccia. Mi portava con violenza dietro una siepe lì vicino e con una mano mi tappava la bocca e il naso per non farmi urlare. Successivamente mi sbatteva per terra. Cercavo vanamente di urlare, ma lo stesso, per non permettermi di gridare, mi afferrava il collo con entrambe le mani. La presa era così forte che non riuscivo a respirare e pensavo di morire”.
Asia prova disperatamente a liberarsi, ma l’uomo ne vince la strenua resistenza (“Riusciva a sollevarmi e mi trasportava, retrocedendo nella strada che avevo poco prima percorso, dietro altri cespugli”) e abusa di lei, insultandola “con parole della sua lingua e con vari vaffa”.
La chiamata al 112
Dopo il brutale raid, lo stupratore fa per andarsene, non prima di aver strappato il telefono alla vittima per impedirle di chiedere aiuto; poi, però, torna sui suoi passi e si avventa nuovamente sulla diciottenne, che resterà in balìa del violentatore almeno per una mezz’ora. Alle 23.54, ancora sotto choc, Asia trova la forza di chiamare il 112 con il suo telefono (sfilato dalla tasca dell’aggressore) per dare l’allarme alle forze dell’ordine.
I militari della stazione di Melegnano ne raccolgono le prime parole, poi confermate nella querela: “Il soggetto è di probabile etnia africana, in quanto con la pelle molto scura, aveva i capelli corti, ricci, non riusciva a parlare l’italiano o meglio lo parlava malissimo. Era vestito tutto di scuro, è andato via dinanzi a me in direzione opposta a quella della stazione”.
Sono le informazioni che indirizzeranno sin da subito le indagini degli investigatori dell’Arma anche verso il vicino centro d’accoglienza per migranti di via Maestri del Lavoro, che dista poche centinaia di metri dalla stazione. Una pista che alla fine porterà i carabinieri a individuare il presunto responsabile, che in quei giorni si trovava nella struttura gestita dalla Fondazione dei Fratelli di San Francesco per sostituire un collega.
Asia viene portata in ambulanza al Policlinico, dove le vengono medicate le escoriazioni su gola, fronte, labbra e testa: “I segni che ho sul collo e sulla bocca – spiegherà la ragazza – sono dovuti alle strette violente che lui mi provocava. Le ecchimosi che sono presenti sul viso sono conseguenza del mio volto rivolto con la faccia a terra”. Poi il trasferimento al centro anti violenze della clinica Mangiagalli e l’inizio di un lungo percorso di assistenza psicologica.