MANUELA MARZIANI
Cronaca

Minori nelle comunità. La rete della Diocesi tra impegno e fatiche

Al seminario vescovile di Pavia il raduno delle strutture di ispirazione cristiana. Il presidente di Casa Benedetta Cambiagio: "Raccontiamo la nostra quotidianità".

Da sinistra Paolo Bresciani Michela Ravetti Simone Feder e don Franco Tassone all’incontro “Educare è sperare“

Da sinistra Paolo Bresciani Michela Ravetti Simone Feder e don Franco Tassone all’incontro “Educare è sperare“

Sono 141 i minori di cui le comunità d’accoglienza legate alla diocesi di Pavia si sono occupati nel 2024. Attorno ai ragazzi ruotano 66 educatori professionali e una fitta rete di volontari. Gli ospiti delle comunità sono giovani e giovanissimi, provenienti da contesti di fragilità, violenza, disagio o stranieri non accompagnati, giunti in Italia con viaggi pericolosi e soli. "Abbiamo pensato di radunare le comunità d’ispirazione cristiana per raccontare alla città che cosa facciamo ogni giorno – ha spiegato Paolo Bresciani, presidente di Casa Benedetta Cambiagio, nel corso dell’incontro “Educare è sperare“, nell’aula magna del seminario vescovile di Pavia –. Ci sono storie diverse, iniziate in epoche diverse". Si occupa prevalentemente di maschi (17 e 6 femmine) la Casa del giovane, solo di femmine Casa Benedetta Cambiagio, mentre Lega del bene di Pavia e Casa di accoglienza alla vita di Belgioioso in egual misura.

I minori (il 67% stranieri) provengono da contesti familiari inadeguati e vengono affidati alle comunità educative dal Tribunale in collaborazione con i servizi sociali. "Metà delle presenze in comunità cambiano – ha aggiunto Bresciani – questo comporta un’interruzione dei progetti educativi. E, se le dimissioni superano le ammissioni, ci vengono proposti casi con disagi più accentuati che non possiamo gestire, quindi non accogliamo le richieste". I minori di 6-10 anni vengono accolti soprattutto dalla Casa di accoglienza e il 69% vi rimane per meno di 2 anni.

"Spesso vengono trasferiti in altra struttura per difficoltà nel portare avanti il progetto personale, perché al raggiungimento della maggiore età accedono a strutture per l’autonomia. Fatichiamo a inserirli nel mondo del lavoro: terminato il progetto educativo, servirebbero percorsi adeguati di inserimento lavorativo. Se invece l’allontanamento avviene spontaneamente, da noi viene vissuto come un fallimento. Per i minori con disagi più accentuati, spesso non abbiamo una risposta tempestiva e adeguata da parte dei soggetti che ce li inviano".

A fronte di 87 minori sono 66 gli operatori e le rette giornaliere vanno dagli 80 ai 100 euro. "Come facciamo a operare? – ha concluso Bresciani –. Grazie a donazioni, eredità, proventi della locazione di fabbricati e alla vendita del patrimonio immobiliare donato o ereditato".