STEFANIA TOTARO
Cronaca

Giovanna Chinnici massacrata a coltellate sul pianerottolo. La giustificazione: “Volevano farci morire lentamente”

La teoria del complotto di Giuseppe Caputo: “Contro me e mia moglie un piano diabolico per condannarci a una lenta agonia: mandare aria gelida in casa con tubature esterne per farci congelare gli organi”

Giuseppe Caputo lo scorso ottobre ha ucciso la cognata con 13 coltellate

Giuseppe Caputo lo scorso ottobre ha ucciso la cognata con 13 coltellate

NOVA MILANESE – “Un piano diabolico del clan familiare per condannarci ad una morte lenta: mandare aria gelida con tubature esterne nel nostro appartamento per farci congelare gli organi. Al mattino ci svegliamo tutti sudati e bagnati per la condensa, dalle analisi del sangue risulta che abbiamo indici infiammatori nel sangue, mia moglie si è già ammalata di artrosi. Io ora che sono stato arrestato sto tornando normale, ma lei e mio figlio sono ancora in pericolo. Aiutatemi a fare capire che sto dicendo la verità”.

Questa la convinzione di Giuseppe Caputo, il 62enne che lo scorso ottobre ha ucciso con 13 coltellate sul pianerottolo della loro abitazione a Nova Milanese quella che riteneva la mandante del clan, la cognata 63enne Giovanna Chinnici. Il 62enne, ritenuto totalmente infermo di mente, è ora imputato di omicidio volontario e tentato omicidio premeditati in un processo davanti alla Corte di Assise di Monza perché prima ha aggredito la nipote che aveva appena parcheggiato l’auto sotto casa, brandendo un coltello a serramanico e ferendola lievemente e poi ha infierito con i fendenti sulla cognata, mamma della ragazza, che era intervenuta in difesa della figlia.

La casa dove è avvenuto l'omicidio (Radaelli)
La casa dove è avvenuto l'omicidio (Radaelli)

Il marito e i due figli di Giovanna, insieme ad una delle due sorelle con il cognato, si sono costituiti parti civili al dibattimento con gli avvocati Fabrizio Negrini e Corinne Buzzi. Ieri i giudici popolari e quelli togati, la presidente Stefania Donadeo e il collega Gianluca Polastri, hanno accolto la loro richiesta di sottoporlo ad una nuova perizia psichiatrica, che verrà disposta a giugno. Caputo, che non si è mai presentato in aula, si trova nella struttura psichiatrica giudiziaria di Castiglione delle Stiviere perché la consulenza tecnica disposta dalla pm monzese Sara Mantovani ha concluso per la totale incapacità di intendere e di volere al momento dell’omicidio e la pericolosità sociale perché affetto da delirio persecutorio.

Per l’esperto, che lavora all’unità psichiatrica dell’ospedale San Gerardo, dove l’imputato è stato anche trasferito dal carcere e ricoverato dopo il suo arresto, Giuseppe Caputo è un uomo lucido, con cui si può parlare di tutto, ma che inizia ad ingigantire racconti e circostanze se il discorso cade sui rapporti con i parenti che abitano nella stessa palazzina in via Magellano, le tre sorelle e la mamma quasi centenaria rimasta vedova e recentemente defunta. Una serie di dissapori che avevano portato a piccoli processi e ora all’accusa di atti persecutori per Caputo e la moglie, allontanata dalla casa familiare.

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“Già dall’arrivo in carcere un mio collega di turno nel reparto di osservazione psichiatrica della casa circondariale ha ravvisato lo stato patologico, confermato poi al pronto soccorso e dopo il ricovero e che non è cambiato neanche quando io ho incontrato il detenuto – ha dichiarato in aula il consulente tecnico della pubblica accusa –. Lui ha continuato a ripetere la sua teoria del complotto senza riuscire a fornire spiegazioni concrete su come i parenti nemici l’abbiano messo in atto, quindi senza adesione alla realtà. Anche di fronte al fatto che i suoi esami del sangue risultavano regolari. Ha detto di essere andato dal medico di base, che lo aveva mandato da uno psicologo, che poi gli aveva consigliato un consulto con uno psichiatra, ma lui non ci era mai andato. Ha riferito di sentire le voci dei familiari e non ha mai mostrato pentimento per quello che ha fatto. Quando ha agito era completamente in preda al delirio, si sentiva in una situazione di pericolo e ha cercato di difendersi. Il chiaro quadro di quella patologia”.