
Più di 700 persone per 411 posti, 500 con problemi di tossicodipendenza, 250 con disturbi psichiatrici. Nei giorni scorsi si è tolto la vita un giovane straniero, i 297 agenti non bastano a impedire risse e aggressioni.
di Alessandro SalemiMONZALa situazione all’interno del carcere di Monza è al collasso, per sovraffollamento e condizioni di detenzione. Lo ha spiegato a chiare lettere, lo scorso 16 giugno, la direttrice della casa circondariale di Monza, Cosima Buccoliero, aprendo una seduta senza precedenti nell’aula consiliare del Comune. Per la prima volta, il Consiglio comunale ha dedicato un’intera riunione al carcere di via Sanquirico.
Una scelta straordinaria, ma necessaria. Il quadro è allarmante. I detenuti presenti sono 733, a fronte di una capienza regolamentare di 411 posti. Un tasso di sovraffollamento che supera l’80%, oltre la già preoccupante media nazionale. Ma il vero nodo, ha sottolineato Buccoliero, è nella fragilità della popolazione carceraria: 347 detenuti sono cittadini stranieri, molti dei quali senza documenti o fissa dimora. Ben 250 sono affetti da disturbi psichiatrici diagnosticati - un dato in crescita - ai quali si aggiungono numerosi casi non ancora ufficializzati ma evidenti nei comportamenti quotidiani. A rendere ancora più critica la situazione, le gravi carenze sanitarie e l’emergenza legata alle dipendenze: circa 500 detenuti sono presi in carico per problemi di tossicodipendenza. Le crisi di astinenza sono frequenti e difficili da gestire, anche a causa della cronica carenza di personale. La comandante della Polizia penitenziaria, Emanuela Anniciello, ha parlato di un organico sottodimensionato: 297 agenti in servizio, troppo pochi rispetto alle esigenze operative di un istituto con queste caratteristiche. Nell’ultimo anno, si sono verificati 359 procedimenti disciplinari, 71 colluttazioni tra detenuti, 10 aggressioni al personale e perfino un incendio. Ed è recente il suicidio di un giovane detenuto straniero.
Eppure, nel buio della difficoltà, non mancano segnali di luce.Il carcere di Monza è anche luogo di progetti e percorsi virtuosi. A partire dalle attività culturali e di reinserimento. È tornata attiva la biblioteca interna, chiusa per anni e riaperta nel 2023 in una forma potenziata: unica nel suo genere a livello nazionale, permette ai detenuti di prenotare volumi direttamente dal catalogo online del sistema bibliotecario.
Sul fronte dell’inclusione sociale, il Progetto Sintesi accompagna chi è in uscita dal carcere e chi vive misure alternative, offrendo percorsi individualizzati di reinserimento: corsi di formazione, supporto nella ricerca di lavoro e alloggio, accesso ai servizi sociali e sanitari. Tuttavia, i fondi non bastano: i 250mila euro annui stanziati dalla Regione per l’intera Brianza (tra adulti e minori) non sono sufficienti. A dare sollievo ai detenuti ci pensano il cappellano don Tiziano Vimercati e decine e decine di volontari. Tra loro, i 60 membri dell’associazione Carcere Aperto, a cui è stato appena assegnato il premio Corona Ferrea in occasione dell’ultima festa patronale di San Giovanni Battista.
"Iniziamo ascoltando i bisogni più semplici – raccontano – come la necessità di vestiti, ma presto si entra in una relazione umana, di vicinanza vera". Grande l’impegno anche del gruppo teatrale I Geniattori, che ha trionfato lo scorso maggio al Teatro Parioli di Roma nel Premio Maurizio Costanzo, con lo spettacolo Senza parole, portando in scena 13 detenuti-attori. Assieme al consigliere comunale Paolo Piffer (promotore anche di un progetto per la musica in carcere con Orangle Records), hanno donato 250 ventilatori, acquistati grazie a una raccolta fondi online, per affrontare il caldo opprimente delle celle sovraffollate.
Negli ultimi due anni, altre 150 unità erano già state donate da diverse realtà del volontariato, tra cui Zeroconfini Onlus e Ad Alta Voce. Il carcere di Monza è un luogo di sofferenza, insomma, ma anche di tanti tentativi quotidiani di ricostruzione.