STEFANIA TOTARO
Cronaca

Incinta, Nesma morì cadendo dal balcone. Quella lite prima del volo e il giallo del contratto di matrimonio

La tragedia a Brugherio. "Non si sarebbe mai uccisa, non archiviate le indagini sul marito” ha detto il fratello della 22enne alla gip del Tribunale di Monza

I rilievi dei carabinieri sul balcone dal quale cadde Nesma, morta a 22 anni

Brugherio (Monza e Brianza) – “Mia sorella non si sarebbe mai uccisa, non archiviate le indagini". È uscito piangendo dall’ufficio della gip del Tribunale di Monza il fratello di Nesma, la ragazza di origine egiziana di 22 anni morta il 27 giugno 2022 insieme al bambino che portava in grembo dopo essere precipitata dal balcone della sua abitazione. È stato lui, in prima persona, insieme ai propri familiari, ad opporsi alla richiesta di archiviazione delle indagini sul decesso, rivolgendosi all’avvocato Gaspare Carmelo Sidoti.

Ieri c’è stata l’udienza davanti alla giudice Francesca Bianchetti, che si è riservata la decisione sul caso. A chiedere di chiudere senza conseguenze il fascicolo aperto prima per l’ipotesi di omicidio e poi di istigazione al suicidio nei confronti del marito della giovane, un egiziano di 25 anni, è stata la Procura di Monza. La 22enne, giunta al quinto mese di gravidanza, aveva perso la vita cadendo dal secondo piano di una palazzina del complesso Edilnord di Brugherio, precipitando nel vuoto per oltre 10 metri.

Una caduta che non ha lasciato scampo nemmeno al figlioletto ancora nel grembo materno. I carabinieri della Compagnia di Monza e i colleghi del Nucleo Investigativo del capoluogo brianzolo hanno dapprima escluso che la ragazza fosse stata gettata giù dal balcone. A deporre per questa versione l’assenza di tracce di colluttazione nell’appartamento del complesso residenziale di viale dei Portici e sul balcone da cui la 22enne è caduta.

La conclusione degli inquirenti è quindi stata che si è trattato di un gesto disperato e volontario, come sarebbe emerso anche da alcune testimonianze, che però avevano parlato di rumori e di urla riconducibili a una lite in corso nell’appartamento prima del tragico volo. I magistrati hanno ricostruito che nell’abitazione si trovavano, oltre alla vittima, anche il marito e i parenti di lui e che realmente c’era stato un pesante litigio. Questo perché la 22enne, che in Egitto viveva con una certa libertà, una volta arrivata in Brianza si sarebbe ritrovata subito moglie in un matrimonio combinato dai suoi familiari e poi incinta, senza più potersi godere la giovinezza della sua età, anche a seguito delle regole imposte dalla sua famiglia e da quella del compagno.

"Mi avete rovinato la vita", avrebbe scritto in alcuni messaggi inviati ai parenti e agli amici con cui aveva mantenuto i contatti in Egitto la ragazza, dimostrando che la 22enne si sentiva in gabbia in quel rapporto. Ma non ci sono prove che il marito l’abbia indotta a un gesto estremo. Almeno secondo la Procura di Monza.

Una tesi contestata invece dai familiari della ragazza. "Ci sono elementi da approfondire, chiediamo di riaprire le indagini per arrivare ad un’imputazione coatta nei confronti del marito della giovane", sostiene l’avvocato. Sotto la lente della giudice dovrebbero finire, secondo i familiari di Nesma, presunti maltrattamenti in famiglia che la 22enne avrebbe subìto da parte del 25enne. "Non ci sono evidenze di maltrattamenti – sostiene invece l’avvocato Alberto Lancellotti, che con il collega Rosario Cilmi difende il marito indagato –. Esistono due denunce reciproche che i coniugi avevano presentato dopo essere venuti alle mani, ma che poi sono state da entrambi ritirate. I carabinieri avevano chiesto alla ragazza se aveva bisogno di assistenza per allontanarsi da casa, ma lei aveva rifiutato". Il rapporto tra i due giovani comunque continuava a non navigare in acque tranquille. Neanche dopo la notizia dell’arrivo di un figlio. I due volevano lasciarsi, ma pare che di mezzo, oltre all’opposizione dei rispettivi familiari, ci fosse anche un contratto firmato all’atto del matrimonio che prevedeva un risarcimento dei danni. Ora la giudice potrebbe decidere di risentire i parenti, o fare analizzare il contenuto di altri telefonini. Oppure chiudere definitivamente questa tragica vicenda.