
Michelangelo Pistoletto, 92 anni, ritratto mentre disegna il Terzo Paradiso su uno specchio (Foto J.E.S.)
Milano, 26 luglio 2025 – La voce è squillante, piena di energia. Michelangelo Pistoletto, 92 anni, artista, pittore, scultore, animatore e protagonista indiscusso della corrente artistica dell’Arte Povera, è instancabile. E accetta di buon grado questa intervista per raccontare la sua mostra, “Glacial Threads. Dalle Foreste ai Tessuti del Futuro” (sino al 28 settembre), ospitata nel suggestivo Castello Gamba, Museo di Arte moderna e contemporanea della Valle d’Aosta, a Châtillon.
Organizzata con Cittadellarte e la curatela di Fortunato D’Amico, apre oggi ai visitatori i quali potranno anche ammirare la collezione permanente del museo che annovera opere di Schifano e Guttuso. Circondati da una natura imponente e un giardino all’inglese arricchito da tante e rare specie arboree.
Pistoletto, è vero che scia ancora regolarmente?
“Certo! Almeno finché ci sarà la neve, ché il problema è proprio quello dello scioglimento dei ghiacciai. Ossia il tema di questa mostra, del riscaldamento globale e dei cambiamenti socio-ecologici. Comunque, due sono le cose che faccio da sempre, sciare e lavorare per l’arte del cambiamento. Proprio lo sport è la base dell’arte del cambiamento, in fondo, è un modo per trasformare la tensione della sfida in crescita, per ‘usare’ la guerra senza farla davvero. Regolato da leggi che non permettono di ferire né uccidere il prossimo”.
Per il suo impegno sociale e ambientale lei è stato candidato dalla Fondazione Gorbachev al Premio Nobel per la Pace 2025, come ha accolto questa notizia?
“Mi ha messo in condizione di continuare ad agire, lavorare sapendo che non lo sto facendo a vuoto, nell’incomprensione. Ma riconosciuto come base per l’ultimo progetto, la Pace preventiva che si fonda sulla partecipazione di tutti i cittadini alla costruzione della società, sul riconoscimento delle differenze come patrimonio condiviso dell’umanità, sulla comunicazione e sulla convivenza. Nessun essere umano deve sopraffare o uccidere un altro essere umano”.
L’arte per lei deve proporre soluzioni rigenerative, in un mix fra scienza, tecnologia e natura. A che punto siamo, è ottimista?
“Lo sono, e per altre ragioni. Lavoro sul senso di ottimismo, non sono qui per criticare ma per costruire. Con un impegno preciso, eliminare ogni ragione di offesa che porta ad attaccare il prossimo”.
Sembra utopistico, siamo circondati dalle guerre...
“Per questo si deve lavorare, perché piano piano si metta in pratica quel modello che noi abbiamo realizzato a Cittadellarte e che si dovrebbe replicare in altri luoghi. Serve una convivenza nuova in tutti gli ambiti, dalla religione allo sport, alla moda e all’architettura”.
In mostra ci sono opere come Metamorfosi e la Mela Reintegrata, che introducono i temi dell’equilibrio tra natura ed artificio. Esposte accanto a capi di abbigliamento realizzati con tessuti impiegati in origine per la protezione dei ghiacciai. Rinati a nuova vita. E c’è, poi, La Venere degli stracci, la sua opera più emblematica, che si affaccia letteralmente sulle montagne, ricordandoci la fragilità ma anche la relazione fra bellezza, scarto e rigenerazione. Come nasce l’esposizione?
“Per sensibilizzare l’opinione pubblica, la natura è violata dal sistema artificiale che abbiamo creato, stiamo degradando totalmente il pianeta. Lancio un messaggio di denuncia e un invito ad adottare soluzioni più efficaci, per poter tornare a un equilibrio. Purtroppo i grandi imperi economici sono sordi. C’è però nel mondo una maggioranza nemmeno più tanto silenziosa che crede in un mondo più sostenibile, nel cambiamento. Si deve produrre un nuovo concetto di investimento, cambiare il modello economico”.
Dalla sua Venere degli stracci incendiata a Napoli, alla balena bruciata di Jacopo Allegrucci, davanti alla Triennale, per fortuna ora sostituita con un’altra opera. A chi fa paura l’arte?
“Fa più clamore distruggere che non fare... c’è chi usa la cultura di un bene comune cercando di trarne profitto in senso negativo, più danni fai e più guadagni. No! Io voglio la Pace preventiva”.
Siamo sulla strada giusta?
“C’è moltissimo da lavorare, sul piano della sostenibilità il processo va in senso peggiorativo, ma l’alternativa c’è e va creata. Come? Con lo Stato dell’Arte e una Costituzione che comprenda l’unione delle religioni, l’unione delle imprese, e che funzioni con un sistema nuovo, un sistema ‘demopratico’, potere come pratica. Questo, per me, è il modello sicuro del cambiamento”.
Verso un definitivo, possibile, compiuto, Terzo Paradiso.