MARIAROSA MAIOLI
Cultura e Spettacoli

Il New York Times loda il pranzo italiano della domenica: Ghali e Nina Yashar raccontano le abitudini delle loro tavole milanesi

Il rapper e la gallerista, di origini tunisina e iraniana ma nati e cresciuti a Milano, sono l’immagine di una tradizione che nel tempo è mutata ma che rimane tale

A sinistra il rapper Ghali, a destra la gallerista iraniana Nina Yashar: entrambi sono stati intervistati sulle abitudini dei loro pranzi domenicali

A sinistra il rapper Ghali, a destra la gallerista iraniana Nina Yashar: entrambi sono stati intervistati sulle abitudini dei loro pranzi domenicali

Milano, 14 maggio 2024 – Non c’è pasto migliore (e più lungo) del pranzo della domenica e gli italiani lo sanno bene: attorno alle tavole imbandite di ogni pietanza, le famiglie allargate di ogni parte d’Italia si ritrovano per condividere insieme pranzi di cui si conosce l’inizio ma non la fine e dove famiglia, cibo e infinite conversazioni le tre caratteristiche principali che rimarcano il “piacere di stare a tavola”. È a firma di Frank Bruni il long form pubblicato sul magazine del New York Times, T magazine, del mese di maggio, dedicato interamente al cibo italiano. E nella lode della tradizione che accomuna gli italiani di ogni angolo della terra, sono le voci degli stessi italiani di oggi a testimoniare la sacralità di un momento così semplice eppure così identificativo della nostra cultura.

Laura May Todd, che firma il pezzo con Bruni, a tal proposito ha intervistato cinque creativi dell’Italia odierna per farsi raccontare il loro pranzo domenicale, a discapito del luogo, dell'età e delle proprie origini: è il caso di Ghali, rapper nato e cresciuto a Baggio, periferia di Milano, dove le origini tunisine della sua famiglia si sono intrecciate al tipico momento domenicale.

Le abitudini di Ghali e il pranzo della domenica

"La domenica mia mamma preparava sempre il cous cous anche se uno dei miei piatti preferiti che prepara è l'ojja, ovvero uova e pomodoro. In Tunisia lo chiamiamo il piatto più povero. Mia madre vive con me, quindi quasi tutte le sere siamo io e lei e ogni giorno è come un pranzo domenicale con lei. Quando ero piccolo, di solito mangiavamo cibo italiano durante la settimana ma il suo tocco è su tutto: anche la sua pasta è un po' piccante – racconta Ghali al giornale americano.

Il rapper, reduce da Sanremo con “Casa mia”, racconta di tavole imbandite di ogni pietanza, dai piatti della cucina tunisina preparati dalla madre, al cibo del ristorante marocchino che Ghali preferisce in tutta Milano: cous cous, tajine in due versioni, dolce e salato, poi prugne e tè. E attorno alla tavola milanese, dove le culture nordafricane si trovano a condividere le proprie specialità, il cantante non nega che anche la musica fa da protagonista e così tra un boccone e l'altro capitano anche delle rime rap.  

L’incrocio tra la cucina iraniana e quella italiana di Nina Yashar

Dopo Brunello Cucinelli, Alessandro Sartori (che abita a Milano e cucina spesso il tradizionale risotto piemontese delle sue zone) e Marie Luise Sciò, i giornalisti tornano a parlare del capoluogo lombardo intervistando Nina Yashar, che a Milano ha fondato la Nilufar Gallery e il Nilufar Depot, gli spazi espositivi punti di riferimento per gli appassionati di design di tutto il mondo.

La famiglia di Yashar si trasferì da Teheran a Milano nel 1963 e il pranzo della domenica organizzato dalla madre di Nina si componeva dei principali piatti persiani come lo stufato di pollo e melograno e il riso alle melanzane. “Il cibo – dice Nina Yashar – unisce le persone. E così ho provato a far conversare le due diverse cucine, quella iraniana e quella italiana: ho mescolato il pesto di basilico italiano al riso con aneto e fave. Alla gente piace perché non esiste, è una mia invenzione”.

La tradizione condizionata da circostanze diverse

Il piacere della tavola raccontato dal New York Times non ha un analogo inglese, dato che americani e inglesi non conoscono quel piacere come gli italiani ma è innegabile che nel tempo le circostanze siano cambiate: le famiglie si sono ridotte, le donne lavorano anche la domenica e non vestono spesso il grembiule come le loro madri e le loro nonne. 

Un tempo la domenica era tutto chiuso, non si potevano trovare supermercati aperti e per questo si cucinava per un giorno intero. Ora, che la stessa popolazione è cambiata, sono cambiate anche le abitudini e i piatti serviti sulle tavole che non si differenziano solo per caratteristiche regionali ma anche per le origini di chi siede a tavola. Il tutto con un denominatore comune, che il pranzo della domenica rimanga una tradizione irrinunciabile.