
I Melvins, se il rock è come il fango
Milano – Fango, liquame, melma, poltiglia. Spesso riferendosi agli scarti delle lavorazioni industriali o delle fogne. Questa la traduzione di “sludge”. Cosa ci si deve quindi attendere dal metal omonimo? Ovviamente un superconcentrato di sonorità disturbanti, atmosfere malsane e ritmi cadenzati, talmente lenti da risultare estenuanti. Che poi però è un po’ il bello della cosa. Perché è come essere aggrediti da una parete di bassi distorti che vanno a comporre un rito antico, incapace di scendere a compromessi con il mercato. Mentre da qualche parte risuonano i riff tesisissimi delle chitarre elettriche. Insomma: i Melvins. Sostanzialmente i fondatori dello sludge metal. La nicchia della nicchia.
Che però resiste. Eccome. Dal 1983. E che continua a girare per il mondo. Almeno quando non sono in studio a registrare un nuovo album. Perché la discografia di questi ex-ragazzi di Aberdeen è ormai imponente. L’ultimo “Thunderball“ è di quest’anno. E alla guida si ritrova sempre lui, l’iconico Roger “Buzz“ Osborne (per gli amici King Buzzo, nella foto). Che ha messo insieme Black Flag e Swans per creare qualcosa di parecchio originale, capace all’epoca di ispirare la scena grunge. D’altronde Seattle è lì a due passi.
Per la precisione, era Kurt Cobain ad andare pazzo per loro. Tanto da portarseli dietro nei suoi tour. E qualcuno se li ricorderà qui a Milano, ad aprire i due storici concerti dei Nirvana nel febbraio del 1994. Kurt volle anche fare da co-produttore a “Houdini“, primo album del gruppo pubblicato da una major e tuttora considerato uno dei lavori più accessibili del gruppo. Che comunque si apre con la celebre “Hooch“ e un testo senza alcun senso. Ecco: nulla è cambiato da allora. Duri e puri e per i fatti loro da sempre. Senza arrivare al successo nemmeno quando avevano il super sponsor al loro fianco.
Si capisce dunque che non si può che volergli bene a Buzz, domani sera ospite del Circolo Magnolia. Con lui sul palco il batterista Dale Crover, quasi uno dei fondatori considerando che è arrivato nel 1984. Mentre al basso Steve McDonald, ultimo di un lunghissimo elenco di musicisti che sono entrati e usciti dai Melvins. Appuntamento dalla bellezza complessa. Meglio prepararsi. Anche perché a concludere la serata c’è pure il concerto dei Redd Kross, ritornati in pista dopo alcuni anni. Ma anche loro attivissimi fra 80 e 90. Nella caleidoscopica scena alternative statunitense. Unica nota negativa il biglietto: 43 euro non sono pochi. A conferma di come i prezzi dei live continuino a chiedere parecchio agli appassionati.