
Cristina Comencini: regista, sceneggiatrice, drammaturga e scrittrice
Milano, 5 giugno 2025 – “Abbiamo visto una lunga marcia delle donne, in tutti i campi. C’è stato un lento riconoscimento, ma ci sono ancora donne invisibili nei posti chiave”. Cristina Comencini, regista e scrittrice, domani sarà tra le protagoniste del Milano Film Fest per “Dalla pagina allo schermo: What a Woman!“, l’omaggio a Suso Cecchi d’Amico, sceneggiatrice scomparsa 15 anni fa. L’iniziativa è promossa da Alf, premi cinema al femminile, che oggi lancerà un nuovo bando.
L’equilibrio di genere è ancora lontano, alla regia e soprattutto tra i produttori. Lei è stata tra le pioniere. Come vede la situazione?
“Rispetto alla letteratura il cinema è più indietro. Il problema è legato a un tema: soldi. Anche i film più piccoli richiedono budget più alti, un’applicazione economica che le donne sanno fare benissimo. Ma è stata data loro tardivamente la fiducia. Come per tutti i ruoli che hanno a che fare con il potere. Anche nelle giurie dei festival, che scelgono i film, c’è ancora squilibrio anche se le donne stanno emergendo, penso a Piera Detassis per i David di Donatello e a Paola Malanga per la Festa del Cinema di Roma”.
A proposito di premi, quest’anno è suo il Nastro d’Argento alla carriera.
“Fa sempre un po’ strano essere premiati alla “carriera“ quando ci si sente ancora giovanissimi. Ma è vero, ho fatto un sacco di film: sono fiera di questo Nastro d’Argento e di riceverlo insieme a Marco Tullio Giordana, con il quale c’è grandissima affinità. L’aspetto difficile nel nostro lavoro è fare “carriera“, nel senso di riuscire ad andare in continuità”.
Il film di cui va più fiera?
“La bestia nel cuore. È stata una vera sorpresa anche per me. Dopo Venezia si è fatto spazio arrivando fino ad essere nominato dagli americani, ai premi Oscar. E non me l’aspettavo, io non mi aspetto mai niente, in realtà”.
La più grande delusione?
“ Quando la notte, perché non è stato accolto come avrei voluto ed è un film che credo sia importante rivedere oggi. Parlavo di maternità, della solitudine delle madri. Forse c’erano ancora troppi tabù. Ma il cinema è così, sempre un sali e scendi e poi si ricomincia”.
A proposito di maternità e carriera: com’è andata?
“Ho fatto crescere quattro figli, se conto i tre miei più una nipote. Penso che la maternità, e lo dico oggi che i figli non li fa quasi nessuno, sia molto vicina alla creatività: con grandi difficoltà da superare, ma tantissimi stimoli, anche fisici e relazionali. Per me è stata una grande fatica, ma una grandissima ricchezza. E in questo anche Suso Cecchi d’Amico, che ha avuto anche lei tre figli e un’intensa carriera, è stata d’esempio”.
Oggi le renderà omaggio: è una figura che va riscoperta?
“Sì, presenteremo la sua enciclopedia, Suso Cecchi d’Amico La fortuna di essere donna. L’ho regalata anche a mia figlia Giulia (Calenda, ndr), grandissima sceneggiatrice. C’è un’introduzione di Francesco Piccolo straordinaria. Credo che tutti i giovani, appassionati di cinema e non, e chi vuole intraprendere questo mestiere debbano leggerla. Si scopre il suo mestiere, si capisce come si divertiva e lavorava in squadra”.
Lei ha respirato il cinema in casa, con suo papà Luigi. E il cinema è di famiglia, da sua sorella Francesca a Giulia.
“Tutte donne da allora. Gli uomini della famiglia hanno preso altre vie, Carlo (Calenda, ndr) ha preferito la politica, Luigi (Tozzi, ndr) la musica. Diciamo che quella del cinema è un’eredità che è stata sentita più dalle donne di famiglia. E mi son data una spiegazione: davanti a una figura così gigante è difficile il confronto. Non è che non lo sia per noi donne, anch’io all’inizio mi sono laureata in Economia e commercio, quasi a prendere le distanze. Ma abbiamo affrontato questa paura con una dolcezza in più, anche per papà”.
Sarà una settimana intensa: da una parte il Milano Film Fest, dall’altra l’incontro tra ministro, attori e maestranze, dopo le polemiche. Come sta il cinema italiano?
“Spero che questo incontro produca quello che tutti ci aspettiamo e crediamo sia nell’interesse stesso del Ministero della Cultura: che il cinema italiano sia forte e che vada nel mondo come ha già dimostrato di sapere fare. Il problema è trovare il modo più giusto ed efficiente per investire sul cinema. Che il cinema sia un investimento non ci sono dubbi. Sul fronte artistico, abbiamo visto tantissimi bei film italiani quest’anno, ci poniamo su una grande tradizione, che deve rinnovarsi per essere più vicina ai cambiamenti. Noi stiamo nel cambiamento e dobbiamo avere sempre idee nuove, con lo sguardo verso un cinema di qualità e popolare”.
Vicino alla gente.
“Il nostro cinema è così. Che non vuol dire non fare film che richiedano più impegno allo spettatore. Non possiamo accettare la critica di cinema d’élite: interpretiamo il presente”.