MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Via Watteau senza il Leoncavallo, il viavai di nostalgici e curiosi: “Mi aspettavo una reazione. Fosse successo negli anni ‘70...”

Milano, le forze dell’ordine presidiano il perimetro dell’ex centro sociale e le arcate ferroviarie nella strada deserta. C’è chi arriva in bici o con la macchina fotografica al collo. “Si è chiusa davvero un’epoca”

Al centro, Stefano Molaschi ed Elvira Pavesi, coppia di nostalgici del Leonka. Sopra e sotto, alcuni adesivi con la scritta “vigilato” appesi lungo i muri esterni dell’ex centro sociale per scongiurare nuove occupazioni (Foto Fasani)

Al centro, Stefano Molaschi ed Elvira Pavesi, coppia di nostalgici del Leonka. Sopra e sotto, alcuni adesivi con la scritta “vigilato” appesi lungo i muri esterni dell’ex centro sociale per scongiurare nuove occupazioni (Foto Fasani)

Milano – Una breccia su un vetro in una piccola finestra basta per sbirciare a distanza, in punta di piedi, dalla strada. O per scattare foto ai murales da una prospettiva insolita. Ora che il Leonka è chiuso, ogni angolo sembra più prezioso a chi arriva anche solo per respirare l’aria che tira a due giorni dallo sfratto esecutivo del centro sociale. Se non fosse per il presidio di vigilanti e polizia fuori dall’edificio e nei punti di accesso sotto le arcate ferroviarie, che rafforzano i messaggi eloquenti (“vigilato”) appesi lungo il perimetro, ci sarebbe il deserto in questo sabato pomeriggio d’agosto, con il sole che va e viene come i curiosi che si presentano davanti all’edificio di via Watteau, qualcuno per la prima volta nella sua vita (“ho saputo dello sgombero e allora mi sono incuriosito”), qualcun altro nostalgico, perché lì dentro ha partecipato ad assemblee e concerti “e non mi sembra vero di non aver scattato neanche una fotografia, quando potevo”. Altri ancora, del Leonka si sentono parte. “A ogni cambio di sede c’è stata una trasformazione”. E questo Leoncavallo, agli occhi di chi l’ha conosciuto fin dagli albori, sembra un’altra cosa. “Fosse capitato negli anni Settanta quello che sta succedendo oggi, sarebbe scoppiata una rivoluzione. Adesso? Non c’è nessuno. Mi aspettavo di trovare almeno un gruppetto”, riflette Stefano Molaschi, sessantacinquenne, in via Watteau con la moglie Elvira Pavesi, coetanea. Hanno portato la macchina fotografica, fanno parte di un circolo a Cesano Boscone e desiderano immortalare il luogo, un pezzo di storia.

“Ho tanta nostalgia” dice lui, che da ragazzino ha visto la prima sede, poi quella di via Salomone e infine l’ultima di Greco. “Ora spero di vedere la quarta. C’è bisogno di spazi dove tutti possano manifestare le proprie idee e creare arte, soprattutto in una città dove tutto ha un prezzo troppo alto e troppi rischiano di restare esclusi”. Torna con la mente alla sua adolescenza, “a quando frequentavo l’istituto Feltrinelli. Poi sono diventato perito elettrotecnico. Quella vivacità, il fermento che c’era negli anni Settanta, non lo dimentico. Certo, c’era anche altro, erano gli anni di Piombo e mi è capitato di vedere persone a terra, uccise, mentre andavo a scuola. Oggi sarebbe impensabile”. La moglie Elvira ricorda le prime volte in cui ha messo piede al Leoncavallo, ventenne. “Arrivavo dall’hinterland. Ai miei genitori dicevo “vado a Milano”, guai a dire che sarei andata al Leoncavallo. Si è chiusa un’epoca”. Ma i ricordi restano vivi. Rimarrà anche la ex cartiera? Chissà.

“Andrà ristrutturata sicuramente”, interviene Anna, settantenne. “Mi auguro però non sorga l’ennesimo grattacielo in zona, ne abbiamo già troppi. Avrei lasciato il centro sociale ma con una situazione regolare, da concordare”. Il dibattito sul marciapiede attira anche un ciclista. “Arrivo da Desio, apposta per vedere il Leoncavallo. Non l’avevo mai visto prima”, fa sapere l’uomo, di 67 anni, che preferisce restare anonimo. “La mia preoccupazione, finito il clamore, è che tutta l’area attorno si trasformi in un ricettacolo d’immondizia, con incuria e rifiuti”. Uno studente di 21 anni, che il Leonka lo frequentava, sottolinea che “la liberazione dell’immobile avvenuta oggi rende molto più appetibile il complesso, rispetto al passato, visto che ora i prezzi delle case in città sono altissimi. Sono triste, per i tempi che corrono”.