
La scrittrice milanese Sveva Casati Modignani, 86 anni, con il premio Rosa Camuna
Milano, 5 agosto 2025 – È una città dei ricordi, “uccisa”, dice Sveva Casati Modignani, pseudonimio di Bice Cairati, quella che ha ispirato i suoi romanzi. La scrittrice non ha mai lasciato la casa dell’infanzia, in via Padova, ma “la sua Milano“, che difende e di cui parla con affetto, oggi, è cambiata per sempre. Così, non esita a definirsi “furiosa per lo sfacelo che stanno facendo”.
Perché?
“Hanno ucciso la personalità di una città bellissima, fatta di pozzi d’acqua, di piccole piazze dove la gente si incontrava, di botteghe. Milano era più bella di Venezia, persino lo scrittore Stendhal ha voluto farsi scrivere sulla tomba “qui giace un milanese“”.
E oggi i milanesi dove sono?
“Appunto, non ci sono. Non possono più vivere nella loro città per colpa degli affitti debordanti: devono andare a stare nell’hinterland, per consentire a quelli ricchi, quasi tutti stranieri, di comprare appartamenti a cifre astronomiche. Per i milanesi non c’è più posto”.
Colpa della politica?
“Mi dispiace che ci sia una Giunta comunale con degli addetti che fanno di tutto per rendere infelici i milanesi e per punire una città”.
Perché dice punire?
“La trattano come un sistema per fare affari”.
Si riferisce al “modello Milano”?
“Ma non esiste nessun modello, soprattutto nessun modello sostenibile. A partire dai marciapiedi, larghi 20 metri. Dove sta questa città green quando le auto sono in fila e non hanno la possibilità di scorrere? Non ho capito cosa abbia in mente l’urbanistica del nostro Comune. Certamente non il bene dei milanesi”.
Ricorda una città molto diversa?
“Quella che ricordo io è morta, l’hanno ammazzata”,
Ma quando è iniziata a cambiare?
“Direi dopo l’Expo. Prima non era una città turistica, era la nostra città. Questo era la sua bellezza, il suo fascino”.
Non una metropoli.
“Non è la sua vocazione. Capisco che passano i secoli, e che non è più la Milano del Carlo Porta...”.
Però?
“Non può essere neanche questa realtà devastante di grattacieli costruiti l’uno addosso all’altro, che fanno ombra alle case. Ma siamo matti. Ma i grattacieli cosa ci azzeccano con Milano?”
Il numero della popolazione è aumentata, così anche l’esigenza abitativa.
“Ma siamo su una pianura, la città avrebbe avuto tutto lo spazio di crescere anche in orizzontale”.
Tornare indietro non si può.
“Non sarà possibile. Ma bisogna fermare il malaffare”.
C’è un luogo al quale è particolarmente legata, che ha visto cambiare negli ultimi anni?
“Non serve andare molto lontano, basta guardare al mio quartiere, alla casa nella quale sono nata. Vivo da sempre in questa arteria periferica”.
Cosa non va?
“Allargano i marciapiedi mentre i palazzi liberty, meravigliosi, che sorgono nel tratto tra Loreto e il Ponte della Ferrovia sono abbandonati in mano straniere. Poi, lo sappiamo, qui c’è spaccio, prostituzione, ogni tanto ci scappa pure il morto. Dove è la cura delle periferie? Allargare i marciapiedi e mettere delle fioriere?”.
Com’era prima?
“Era una strada sicura, abitata da negozianti, artigiani, operai. C’era il tram che partiva da Porta Venezia e arrivava fino in fondo alla strada. Era un luogo piacevole da vivere”.
Qual è la vera vocazione che è stata tradita?
“Milano è una città discreta. Pensi che i ricchi, i signori e le casate nobili erano così riservati che le bellezze delle loro case, i giardini, erano tutte all’interno. La vocazione di Milano non è quella di una città che ostenta. Dovremmo ricordarlo”.