LAURA LANA
Cronaca

Si ferma la Casa in Movimento: "Un’isola umana felice e solidale"

Cologno Monzese, il centro sociale chiude dopo 20 anni: "L’idea era realizzare un fortino di resistenza". Da via Neruda sono passati in tanti, da Giovanni Impastato a Malalai Joya, e poi musica e feste.

Il gruppo che ha gestito le attività all’interno dello spazio «casa in Movimento» Dopo quasi vent’anni il centro sociale. e collettivo chiude i. battenti

Il gruppo che ha gestito le attività all’interno dello spazio «casa in Movimento» Dopo quasi vent’anni il centro sociale. e collettivo chiude i. battenti

COLOGNO MONZESEDopo quasi 20 anni chiude la Casa in Movimento, il centro sociale e collettivo ha avuto come progetto "costruire un’isola felice, umana e solidale all’interno di una città e di una società sempre più volte all’isolamento e alla disumanità. L’idea di uno spazio che fosse allo stesso tempo un fortino di resistenza a queste involuzioni e un incubatore di pratiche, analisi e riflessione critica dell’esistente, di relazioni umane ostinatamente contrarie a quella deriva individualista ed egotica da propagare all’esterno". Tantissimi incontri e testimonianze sono passati da via Neruda: da Giovanni Impastato a Malalai Joya, a chi ha raccontato Gaza in diretta o il Kurdistan o l’Afghanistan, ai baratti, la ciclofficina, il teatro, i concerti, le serate De André. "Poi tutto il lavoro delle scuole popolari: le scuole di italiano, che erano un modo di costruire gruppi di uomini e donne alla pari che, attraverso lo studio della lingua, provassero a costruire un modo diverso di stare insieme, e i doposcuola, piccole comunità di bambini. Abbiamo provato a essere uno spazio di libertà, sperimentazione, co-creazione con le persone che hanno deciso di prenderne parte. Questa è una delle cose che chi ha fatto Casa si porterà sempre dentro: aver provato a costruire cerchi, a fare le cose insieme a migranti, bambini, donne, famiglie, a fare le cose con loro e non per loro, o al posto loro o su di loro". Non sono mancati i momenti difficili. "Abbiamo fronteggiato, riuscendo a sopravvivere, uno sfratto esecutivo e il pagamento di 22.000 euro di arretrati, con estrema fatica e grazie al supporto di tante persone amiche che ci hanno sostenuto in quei momenti". Singoli cittadini, associazioni, artisti, giovani, stranieri sono passati per via Neruda. "Far nascere e vivere la Casa è stata una sfida molto ambiziosa su questo territorio.La Casa ha convogliato tantissime energie di chi voleva non un semplice luogo di aggregazione, ma appunto una casa dove costruire spazi diversi che rispondevano a diverse necessità: integrazione, informazione, cultura, musica, festa. E che potessero essere di libero accesso a chiunque". Una storia di autogestione. "Come tutte queste esperienze anche la nostra è stata complessa. Non siamo mai stati un gruppo chiuso, ma abbiamo coltivato una forte identità che oggi non ha più un’unica espressione unitaria e lascia che le strade si moltiplichino e si separino".