Bergamo – Queste mamme, a differenza di altre, non possono decidere autonomamente in quali centri estivi iscrivere i loro figli perché i loro bambini o i loro ragazzi devono essere seguiti da un educatore e non tutti i centri estivi ne hanno in numero sufficiente. Soprattutto, non tutti i centri estivi hanno educatori preparati per relazionarsi ai loro bambini o ai loro ragazzi. La scelta del centro estivo è limitata fin dall’inizio, è ristretta alla base. A differenza di altre, queste mamme non possono nemmeno decidere autonomamente per quante settimane iscrivere i loro figli ad un centro estivo: sono i Comuni e la Regione a decidere per loro.

Il ruolo di Comuni e Regione
I Comuni decidono, di anno in anno, quanti soldi spendere nel reclutamento e nella retribuzione degli educatori e, quindi, quanti ce ne possano essere in servizio in estate, per quante ore e... per quanti bambini e ragazzi. La Regione, nell’ambito della misura B1, riconosce a chi ha un figlio con gravissima disabilità un contributo mensile che può essere speso per arruolare educatori per i centri estivi. Peccato che tale contributo sia di 65 euro al mese: buono a coprire due o tre ore di educatore al mese. Inevitabile, allora, che tra le richieste delle famiglie e le risposte delle istituzioni ci sia una distanza siderale, la stessa distanza che separa un servizio inclusivo da un servizio inclusivo solo per alcuni e solo a certe condizioni.
Le famiglie pagano di tasca propria l’educatore
A differenza di altre, a queste mamme si chiede di ovviare alle ristrettezze economiche dei Comuni e della Regione pagando di tasca propria l’educatore per il figlio col risultato che queste mamme sono costrette a pagare per il centro estivo fino a quattro volte di più di quanto paghino le altre: il mondo alla rovescia, chi ha più bisogno, più paga. A differenza di tante altre, queste mamme, quando le scuole chiudono, non sempre possono continuare a lavorare come fanno nel resto dell’anno. Perché con le scuole chiuse per tre mesi e con i centri estivi aperti ai loro figli solo per pochi giorni, sono costrette a stare a casa a badare ai loro bambini, ai loro ragazzi. E allora c’è chi ricorre al congedo parentale, chi alla 104 facoltativa. E per tre mesi si accetta di percepire il 30% dello stipendio.
Le mamme di Bergamo ci mettono la faccia
Loro sono le mamme di bambini e ragazzi nello spettro autistico, con disabilità cognitive o con sindromi rare. Dieci di loro, tutte della provincia di Bergamo, hanno testimoniato, ciascuna con un video, la discriminazione che si consuma ogni estate a danno loro e dei loro figli, costretti a stare a casa per settimane anziché insieme ai coetanei, con quello che questo comporta: solitudine e un peggioramento del loro benessere.
"Non possiamo più accettare quello che sta succedendo – denuncia Simona Del Carro, residente a Romano di Lombardia, mamma di Daniel, 11enne nello spettro autistico –. Ho chiesto per 6 settimane di centro estivo, ma tra Regione e Comune mi hanno dato in tutto 70 ore. Daniel potrà frequentare il centro 12 ore a settimana (poco più di un giorno a settimana, ndr). Ho dovuto prendere un periodo di 104 facoltativo, sono pagata pochissimo, al 30% dello stipendio. E ogni anno è peggio. Voglio che ai nostri figli sia riconosciuto il diritto di partecipare al centro estivo come tutti gli altri: la disabilità non va in vacanza”.
"Mio figlio frequenta il centro estivo 4 giorni a settimana e per mezza giornata, dalle 9 alle 15. Il giorno in cui è in programma la gita, non va perché non c’è chi lo segua – racconta Alessandra Suardi, di Dalmine, madre di Gabriel, bambino di 11 anni con sindrome di Lennox-Gastaut –. Per stare con mio figlio ho dovuto rassegnarmi a lavorare meno, ho prolungato il congedo parentale e sono pagata al 30% della retribuzione. Noi non siamo considerati l’ultima ruota del carro, siamo considerati solo un bullone dell’ultima ruota del carro. I nostri figli hanno bisogno e diritto di socializzare, è fondamentale perché non regrediscano”.
Erika Cazzaniga abita a Bonate Sopra, il suo Daniel ha 17 anni ed è nello spettro autistico: "Frequenterà il centro estivo per 8 settimane ma solo 4 ore al giorno. Dovremmo pagare un educatore perché possa fare più ore. Ma non possiamo spendere 27 euro all’ora”. “Il Comune mi ha dato solo 28 ore di copertura: non ci faccio nulla – fa sapere Michela Torracini, di Covo, mamma di Melissa, 17enne con sindrome di Wolf-Hirschhorn –. Non desidero nemmeno che lei vada al centro estivo ma che possa avere un’assistente domiciliare perché io devo lavorare, faccio le pulizie per tirare a fine mese. Tutti gli anni è così, non se ne può più, che qualcuno in Regione si muova”.
"Il mio bambino ha 7 anni e mezzo e frequenterà il centro estivo per 10 giorni in tre mesi: assurdo. C’è una grave mancanza di personale e d’estate si sente ancora di più – rimarca Elena Graziani, di Nembro, mamma di Alessandro –. I bambini con disabilità intellettivo-relazionali non possono accedere ai centri estivi più economici perché non sono pensati per loro, per questo bisogna iscriverli in centri più piccoli, magari privati, più costosi”. Non bastasse, “gli educatori assegnati in estate non sono mai quelli che i bambini hanno durante l’anno scolastico e spesso non sono preparati”. Risultato: “Ogni anno è un terno al lotto, prima che il mio bambino inizi il centro estivo mi faccio il segno della croce, mi chiedo chi gli capiterà. Spesso dobbiamo pagare terapiste private che entrino nel centro estivo e diano indicazioni su come gestirli: costi aggiuntivi per le nostre famiglie e questo non è giusto”. “Manderei volentieri mio figlio al centro estivo dell’oratorio se fosse adeguato, ma non lo è – assicura Rossana Turani, di Mornico al Serio, madre di Nicolas, 9 anni, nello spettro autistico –. Ho 15 ore di copertura a settimana, lo mando in un centro privato per 6 settimane, mi restano da pagare 90 ore ma non ho scelta: lavoro con bambini autistici e non mi fermo in estate perché loro hanno diritto a ricevere le terapie anche in estate”.
"Sono inclusi solo i bambini delle famiglie con possibilità economiche”
Un’altra mamma della Val Seriana racconta di aver iscritto suo figlio di 7 anni, autistico, "in due centri estivi per un totale di 8 settimane” e di aver “preteso” che frequentasse tutti i giorni “perché per lui è terapeutico stare in mezzo agli altri”. Ma “questa pretesa ha avuto un costo. Abbiamo dovuto sborsare 2.800 euro contro i 1.100 che avremmo pagato se il bambino non avesse avuto disabilità. Non è giusto che possano essere inclusi solo i bambini delle famiglie con possibilità economiche”. Denise Quaranta, di Covo, per la sua Beatrice, 9 anni, con sclerosi tuberosa, ha ottenuto 33 ore, "buone solo per giugno, mentre io di mesi ne avevo chiesti due”. Monia Provenzi, nell’estate del 2021, per quattro settimane di centro estivo ha dovuto spendere 1.750 euro. Ma 1.450 euro erano solo per l’educatore, pagato di tasca propria. “Poi tre anni fa – fa sapere lei, residente a Cividale al Piano, mamma di Francesca, 11enne con una sindrome rara – ho ottenuto dal Comune qualche ora in più di centro estivo ma con un compromesso: 5 ore al giorno per 4 giorni, il quinto si fa la gita e lei non va. Così per 4 settimane. Restano scoperte tutte le altre settimane fino a settembre. Ma questi bambini hanno una necessità totale di stare coi coetanei. Devono avere le stesse possibilità di tutti. Che le istituzioni facciano qualcosa: sono bambini con bisogni diversi, ma non sono inferiori a nessuno”.