
In migliaia hanno sfidato il caldo marciando con un orecchio a Budapest. Sala: capisco la Brigata ebraica, ma questa manifestazione non è divisiva.
Alle due e 40 il carro dell’"educazione techno-sessuale" spara già fortissimo sull’asfalto di via Vittor Pisani che pare fumare per il caldo, e il corteo del Pride, tranne pochi kamikaze, si concentra cercando l’ombra dei portici dove i bar servono l’acqua a due euro e i cocktail a sette e si può ballare senza disperdere metà dell’energia cinetica nell’agitare il ventaglio. E però verso le quattro dietro lo striscione "Resistenza arcobaleno" partono in parecchie migliaia, sfidando una Milano da bollino rosso, quasi desertificata tranne questi tre chilometri fino all’Arco della Pace nell’aria rovente che scioglie il trucco e la colla dei brillantini, trasforma un costume da banana in una trappola letale e le fontane pubbliche in oasi alle quali ci si mette in fila. Magari non saranno i "350 mila" che dicono gli organizzatori del Pride, magari molti s’infilano lungo il corteo o lo mollano per il metrò fino al Sempione, ma sul piano strettamente fisico affrontare questo Pride è una prova che non sfigurerebbe nell’addestramento dei parà della Folgore, un tempo comandati dall’ex generale Roberto Vannacci, vicesegretario della Lega Salvini Premier, che s’è domandato se "questi signori del Gay Pride" potessero essere mandati al fronte di un’eventuale guerra contro i russi.
Una prova di coraggio probabilmente diversa da quella di chi sfila nella sua piccola città; e diversa sicuramente, benché la presidente nazionale dell’Arcigay Natascia Maesi dal palco si spinga ad affermare che l’Italia "è il Paese più transfobico d’Europa", da quella di chi in contemporanea manifesta al Pride di Budapest, vietato dal governo Orbán alla faccia dell’Ue, col quale questo di Milano è gemellato. In Ungheria con la segretaria del Pd Elly Schlein e altri “big” dell’opposizione c’è una delegazione milanese che schiera la presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi, l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, alcuni consiglieri comunali e regionali - mentre quelli rimasti a Milano di Pd e 5 Stelle sfilano col cartonato a grandezza naturale del governatore leghista Attilio Fontana, ormai un habitué per denunciare il mancato patrocinio della Regione.
Al Pride di Milano sono una trentina i carri organizzati da associazioni, sindacati, partiti e megasponsor. C’è il bus dell’immobiliare e lo striscione del Cantiere, "Giù le mani dalla città", sulla passerella di Melchiorre Gioia; c’è il camion dell’accademia di burlesque per "corpi queer, trans, grassi", altrimenti "non conformi" e quello che imbarca scolpitissimi ragazzi in mutanda brandizzata da una serata. C’è un carro con la bandiera dell’Ucraina accanto a quella della Palestina; della Palestina sono molte, il carro di Avs ha lo striscione "No Pride in genocide". "Rifiutiamo ogni tentativo di strumentalizzarci, la nostra è una battaglia per i diritti umani e condanniamo chi li difende solo quando conviene politicamente - dirà dal palco Angela Diomede delle Famiglie arcobaleno –. Condanniamo l’invasione russa dell’Ucraina ma anche l’inazione nei confronti del genocidio documentato in Palestina". "Genocidio" è la parola che ha tenuto la Brigata ebraica per la prima volta fuori dal Pride. "Mi dispiace, li capisco, c’è paura ed è un peccato – commenta il sindaco Giuseppe Sala –. Il rischio di antisemitismo c’è. Il governo Netanyahu è una iattura, ma a Milano bisogna stareattenti", aggiunge rivendicando la rimozione immediata dei cartelli in stile 1938 ("Israeli not welcome") spuntati in città.
Ma il senso del Pride, ribadisce Sala dal palco, è "che Milano crede nella libertà, che ha un solo limite, il rispetto della libertà degli altri. Di tante stupidaggini che ho sentito, la più grossa è che sia “divisivo”. Dobbiamo andare avanti insieme, perché i diritti conquistati non sono per sempre". "Non sono stati ottenuti gratis e vanno difesi - aveva ricordato Gianluca Trezzi, presidente del Checcoro, in apertura –. Di questi tempi non possiamo permetterci il lusso di stare a casa". E questo l’hanno pensato in diverse migliaia ieri, nonostante il caldo, anche a Milano.