
Gaetano Fausto Esposito direttore generale Centro Studi Tagliacarne
"La maggiore presenza della componente di beni alimentari da un lato ha gonfiato i consumi in termini nominali e dall’altro ha eroso maggiormente il potere d’acquisto reale complessivo delle famiglie". Il motivo - spiega Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne - è dovuto a due elementi: i generi alimentari "sono stati più penalizzati dalle spinte inflazionistiche e si caratterizzano anche per una maggiore frequenza di acquisto". Se l’incidenza più alta dei consumi alimentari sul totale si registra nel Sud, "si tratta di un fenomeno che comunque, sebbene in misura inferiore, ha riguardato anche l’Italia centro-settentrionale".
La soglia del 18,5%, considerata come quella da non superare, in Lombardia non è stata raggiunta, ma alcune province si sono avvicinate: Lodi e Mantova col 17,8% presentano l’incidenza più elevata, mentre quasi tutte le altre superano il tetto del 17%. Tra i territori con i tassi più bassi ci sono Milano (15,4%) e Monza (16,2%), le due aree dove la spesa pro capite è più alta. Che sia un indicatore del potere d’acquisto lo dimostrano anche i dati nazionali per macro-aree. I consumi dei generi alimentari incidono di più sulla spesa complessiva delle famiglie nel Sud, dove superano un quinto sul totale (23,4%). A seguire si trova il Centro (18,4%) - in linea con la media nazionale (18,6%) - il Nord-ovest (17%) e il Nord-est (15,3%). Al Sud si concentra anche un terzo dei consumi alimentari totali. Seguono il Nord-Ovest (28,2%), il Centro (20,5%) e il Nord est (18,1%). A livello regionale, la Lombardia è prima con il 17,2%
L.B.