Milano, 31 maggio 2025 – Silvia Bindella estrae, da un cassetto pieno di infiniti ricordi, una vacanza insieme a Ibiza perché “prima di morire mia mamma voleva prendere l’aereo”.

Una canzone di Tananai cantata a squarciagola con lei, Teresa Emma Meneghetti. La promessa di accompagnarla a un concerto di uno dei suoi cantanti preferiti non si è mai realizzata, perché la donna, 82 anni, lo scorso 14 maggio è stata ammazzata nella sua casa in via Verro 46, prima periferia Sud, da un 15enne, M.S., che fino a un anno fa viveva con la madre nello stesso stabile. “La mamma era una persona speciale, buona e generosa, ha aiutato anche quel ragazzo che poi è diventato il suo assassino”, racconta la figlia. Oggi, alle 14.45, verrà celebrato il funerale, nella parrocchia di Santa Maria Liberatrice in via Cuore Immacolato di Maria. Si terrà anche una fiaccolata nel quartiere “per far sentire che la sua vita valeva e per chiedere giustizia”.

Silvia, quale ricordo lascia sua madre?
“Nonostante l’età, fino a pochi anni fa andava in moto con il suo compagno. Aveva 82 anni, ma come testa ne dimostrava 50. Era una donna energica e generosa, ligia ai suoi doveri. Milanese doc, ha lavorato per una vita in una ditta farmaceutica o Origgio, nel Varesotto. Nel quartiere, dove era nota come “Terry“, aiutava tutte le persone che avevano bisogno. Dal lunedì al venerdì veniva a casa mia, che dista circa 4 chilometri, e mi aiutava a fare le pulizie, stava con le sue nipoti. Diceva, in dialetto, “ghe pensi mi...“. Quello che è successo è uno strazio insopportabile, anche per mio fratello”.
Come avete saputo della sua morte?
“Quel giorno abbiamo ricevuto una telefonata della polizia, in un primo momento ho pensato a uno scherzo. Mi hanno invitata a scendere. Sotto casa c’era una pattuglia, mi hanno accompagnata in via Verro e mi è crollato il mondo addosso. Sono stata male e siamo tutti ancora sotto choc. Per fortuna c’erano due poliziotti, Umberto e Antonio, che sono stati come angeli custodi. Mi hanno aiutata anche a parlare con le mie figlie, che hanno 18 e 22 anni, ed erano molto legate alla nonna. La vedevano tutti i giorni, ogni anno andavano in vacanza con lei a Pinarella di Cervia”.
Si è attivata una rete di supporto per voi familiari?
“L’unico supporto è arrivato, nell’immediato, dalla polizia. Poi più nulla. Il Comune o le autorità sanitarie non hanno mandato nessuno, neanche uno psicologo o un assistente sociale per chiederci come stessimo. Io e la mia famiglia ci troviamo a sostenere, da un giorno all’altro, spese legali ingenti senza alcun contributo economico. I miei colleghi, nonché superiori e amici, di Inps Servizi, la società per cui lavoro, hanno organizzato una raccolta fondi su GoFundMe per sostenerci, sopperendo alle mancanze dello Stato che abbandona le vittime. Noi siamo lasciati soli, mentre l’assassino è tutelato dallo Stato con avvocati e psicologi. Le leggi andrebbero cambiate, perché l’ergastolo lo stiamo scontando noi. Per chi uccide servono pene esemplari, anche se è minorenne. Quel ragazzo deve pagare per quello che ha fatto, come un adulto, perché la sensazione di impunità alimenta solo la violenza tra i più giovani”.
Sua madre le aveva mai parlato di lui?
“Quando abitavano nello stabile a volte preparava da mangiare per loro, dava una piccola mancia al ragazzo a Natale. Non ci ha mai riferito di situazioni di pericolo, altrimenti saremmo intervenuti. La mamma era una persona generosa, che ha trasmesso a tutti noi il valore della solidarietà, e adesso resta un vuoto tremendo. Nel dolore, però, è arrivata anche una carezza al cuore. Il cantante Tananai, attraverso un contatto con il suo manager, mi ha fatto arrivare un messaggio video, dicendo che è dispiaciuto e che spera di vedermi al concerto. Io ci andrò e la mamma sarà con me, nel mio cuore”.