
Teresa Emma Meneghetti, 82 anni, è ricordata da chi la conosceva come una persona buona e generosa: aiutava tutti, anche il ragazzo che poi l’ha uccisa
MILANO – La freddezza con cui si uccide o si commettono reati violenti, la “ferocia e il distacco”, le persone considerate come oggetti “da eliminare quando rappresentano un ostacolo”. Ciro Cascone, ex procuratore per i minorenni di Milano, magistrato con alle spalle vent’anni di esperienza nella giustizia minorile, parla di una “generazione di sociopatici che sta crescendo”, e questo per “responsabilità collettive e anche delle famiglie”.
Cascone, lei ha trascorso una vita professionale in questo campo. Quali cambiamenti osserva rispetto al passato?
“La situazione, a mio avviso, è nettamente peggiorata. Si è abbassata l’età di chi delinque, e i gesti violenti vengono commessi con più facilità e leggerezza. Mi colpisce il distacco, l’assenza di empatia e di rispetto per la vita umana. Penso a casi come l’assassinio di Teresa Meneghetti a Milano, oppure all’ultimo terribile femminicidio ad Afragola, ma anche a tanti altri episodi che non finiscono sotto i riflettori. È una situazione preoccupante”.
Dove andrebbero cercate le responsabilità?
“Le responsabilità sono collettive: è cresciuta una generazione di ragazzi senza riferimenti educativi forti, e in primo luogo bisognerebbe analizzare il ruolo delle famiglie. Non parlo solo di famiglie disgregate o sfasciate, ma anche di nuclei “normali“ che però non sono capaci di trasmettere il rispetto delle regole o valori positivi. Se un adolescente uccide per un rifiuto, significa che in casa non ha mai dovuto fare i conti con un “no“, imparando a superare la frustrazione”.
Quale ruolo potrebbe giocare la scuola?
“La scuola riveste una funzione importantissima, e trovo senza senso le resistenze di alcuni all’educazione sessuale e affettiva, che non è certo pornografia. Sono in primo luogo, però, le famiglie a dover dare le coordinate e le regole. I ragazzi crescono seguendo l’esempio degli adulti, e si trovano di fronte e genitori assenti e a una società dove si assiste a una accettazione della violenza. Già dieci anni fa parlavo di “ragazzi invisibili“, e ora la situazione è solo peggiorata. Se adolescenti arrivano a uccidere senza lasciarsi scalfire, che educazione hanno avuto? È venuta a mancare un’azione educativa e pedagogica forte, e a pagare il prezzo di tutto questo sono persone innocenti, le vittime dei reati”.
È possibile, di fronte a reati così gravi, tentare un recupero?
“Dobbiamo crederci per forza, perché una persona prima o poi esce dal carcere e deve essere reinserita nella società. Il problema, però, è prevenire, intervenire prima che sia troppo tardi per tornare indietro. E noi non ci stiamo riuscendo. Non servono nuove leggi, basta applicare quelle che ci sono. Piuttosto servirebbe un piano educativo da qui ai prossimi dieci anni. Ogni volta vedo invece ondate di sdegno, da parte della politica, ma nessuna azione concreta per prevenire queste ondate di violenza senza senso”.
Una situazione in cui si innestano anche fragilità psichiche, dipendenza da sostanze, un uso senza controllo dei social.
“Da anni sono esplosi i problemi psichici tra i giovani e, anche nella ricca Lombardia, mancano strutture per curarli. A volte i genitori chiudono gli occhi ma la cosa più grave è quando li aprono, cercano aiuto, ma attorno trovano il vuoto, una totale carenza di supporto diagnostico e terapeutico”.