NICOLA PALMA E MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Morti sulle strade di Milano, una Spoon River di 11 vittime: mamme, anziani, ciclisti. Ecco le loro storie

Da gennaio travolti e uccisi cinque ciclisti, altrettanti pedoni e un monopattinista: complessivamente più di un morto al mese

Alcune delle persone morte sulle strade di Milano. In senso orario a partire dal centro, Francesca Quaglia, Federico Cafarella, Juan Carlos Quinga Guevara, Alfina D'Amato, Cristina Scozia e Veronica d'Incà

Alcune delle persone morte sulle strade di Milano. In senso orario a partire dal centro, Francesca Quaglia, Federico Cafarella, Juan Carlos Quinga Guevara, Alfina D'Amato, Cristina Scozia e Veronica d'Incà

La scia di sangue sulle strade milanesi è sempre più lunga. Non passa mese senza che almeno un pedone, un ciclista o un monopattinista non venga travolto e ucciso da un mezzo motorizzato. Mettendo i numeri in fila dall’inizio dell’anno, il risultato è di undici vite spezzate. Al di là delle fredde cifre ci sono le storie di uomini e donne. Cuori che non battono più. Lacrime impossibili da asciugare per chi resta. Il lutto è fresco per Francesca Quaglia, schiacciata ieri da un camion in viale Caldara, a Porta Romana, mentre pedalava: 28 anni, traduttrice dalle lingue scandinave, attiva per i diritti delle donne.

Appena ventiquattr’ore prima, Nicola Zezza, pensionato ottantanovenne, è stato investito da un taxi mentre attraversava a piedi via Pecorari in pieno centro. Una strage che nel 2023 è iniziata il 1° febbraio, quando Veronica Francesca D’Incà, ciclista trentottenne, è stata presa in pieno dal camion di una ditta di traslochi all’incrocio tra piazzale Loreto e viale Brianza. Manager di un’azienda, laureata in economia, madre di una bambina di due anni. Mentre il 10 febbraio non ha avuto scampo la novantacinquenne Angela Bisceglia, che, appena uscita di casa in via Valassina, zona Maciachini, è stata travolta da un furgone che stava facendo retromarcia.

Il mese dopo, il 7 marzo, spezzata una giovane vita: quella di Federico Cafarella, venticinquenne originario di Antella, una frazione di Bagno a Ripoli (Firenze), preso in pieno da un autobus della linea 53 mentre attraversava a piedi via Padova all’altezza di via Arici. A Milano aveva intrapreso vari lavori, tra cui l’ultimo ad Amazon. Nel suo paese era un arbitro ma anche volontario della Misericordia.

Tre giorni dopo, il 10 marzo, è toccato a Juan Carlos Quinga Guevara, primo morto in un incidente su monopattino a Milano: di 33 anni, dell’Ecuador, è stato centrato da una Bmw guidata da un automobilista ubriaco e drogato in viale Famagosta mentre tornava a casa dopo il lavoro in un supermercato.

E il 20 aprile è il giorno della tragedia di Cristina Scozia, ciclista trentanovenne falciata da una betoniera tra via Francesco Sforza e corso di Porta Vittoria. Mamma di una bimba di 6 anni, era personal trainer e massaggiatrice olistica. "Quando guarderò negli occhi la tua piccola, sarà come se ti avessi davanti a me": il saluto straziante del papà Raffaele.

L’8 maggio è toccato al ciclista Tianjiao Li, cuoco in un ristorante in zona stazione Centrale. Cinese di 54 anni, è stato ucciso da un tir tra le vie Comasina e Novate. "Un papà esemplare, viveva per il figlio", dicono i conoscenti. E ha lasciato un figlio, di 14 anni, anche Alfina D’Amato, presa in pieno da una betoniera il 22 giugno mentre pedalava tra via Predabissi e piazza Durante. Sessantenne di Salerno, lavorava per una ditta di pulizie.

Ancora: il 15 luglio Luciano Avigliano, pensionato di 73 anni, è stato investito da una moto mentre attraversava a piedi viale Fulvio Testi. Altra disgrazia il 1° agosto: in viale Umbria all’altezza di via Colletta, il diciottenne Karl Nasr di Beirut, pedone, è finito schiacciato tra un’Audi RS7 e il palo di un semaforo dopo un’incredibile carambola. Dita incrociate perché questa “Spoon River“ non cresca ancora.