
L’Oasi Le Foppe di Trezzo, fonte di ricerche e custode di rarità (piantina carnivora inclusa)
Viaggio nel laboratorio della biodiversità. All’Oasi Le Foppe del WWF a Trezzo ci si muove fra piante carnivore e rane, specie che compaiono e altre che scompaiono, e poi fra studi e progetti, protagonista, il ritmo della natura nell’eden a due passi dalla Provinciale Monza-Trezzo dove tutto è in equilibrio: 11 ettari curati con amore da un drappello di visionari.
Tutto è cominciato 35 anni fa sulle ceneri di una vecchia cava, poi discarica abusiva, oggi gioiello europeo, un esempio di come l’opera umana possa anche salvare l’ambiente. La riserva è l’emblema di questo impegno e nel tempo si è conquistata un ruolo di primo piano anche per le ricerche di cui è protagonista. L’ultima sugli anfibi e la Rana di Lataste, di interesse comunitario, un’altra sentinella del clima che cambia, ma anche degli invasori che popolano acque e zone umide, e la specie ne ha fatto le spese. "L’approfondimento fortemente voluto dal Comune ha confermato che qui non ci sono più né girini né adulti – racconta Fabio Cologni, referente dell’area protetta – da tempo non avevamo avvistamenti".
Mentre è in corso un’altra grande opera di ripopolamento, "dell’utricularia vulgaris, la piantina carnivora che stava scomparendo dai nostri stagni, è un rarità, si nutre di insetti". Un progetto condiviso con il Parco Adda Nord iniziato l’anno scorso e ora in pieno svolgimento con la posa di gabbie galleggianti grazie alle quali la regina degli stagni è tornata. A occuparsene sei volontari-pensionati con competenze in materia. "Le scoperte ci riempiono di orgoglio, la riserva si conferma terra di studio da più 30 anni a questa parte", sottolinea il coordinatore.
Nel suo perimetro la meraviglia è all’ordine del giorno, dal martin pescatore che plana sulla preda, al Verdone, ai moscardini, non mancano le volpi. Per godersele bisogna stare in silenzio e aspettare: "Una lezione di vita più utile che mai in tempi che fagocitano tutto alla svelta come i nostri".
Barbara Calderola