IVAN ALBARELLI
Cronaca

All’ospedale Buzzi di Milano arriva la giostra per aiutare i bimbi ad abbandonare ciucci e biberon

La dipendenza dal ciuccio, che offre ai neonati protezione da ansie e paure, può rappresentare un problema se entro i 3 anni non si risolve. I medici dell’ospedale pediatrico di via Castelvetro hanno ideato una giostra ispirata all’albero dei ciucci diffuso nel Nord Europa per aiutare i piccoli

La giostra dei ciucci inaugurata al Buzzi

La giostra dei ciucci inaugurata al Buzzi

Milano, 1 agosto 2025 – Aiutare i piccoli ad abbandonare – gradualmente e dolcemente – la dipendenza dal ciuccio: è l’obiettivo che si sono dati i medici dell’ospedale dei bambini Buzzi di Milano, e per farlo non potevano che inventarsi un gioco, anzi una giostra, per accompagnare con serenità i bimbi a questo distacco. È infatti una giostra quella che è stata installata all’interno dell’ospedale pediatrico di via Castelvetro, che si rifà alla tradizione nordeuropea, dove questo “passaggio” evolutivo che accompagna i bambini a partire dai 2 anni avviene in famiglia proprio attraverso la formula del gioco: nella cameretta i genitori allestiscono un albero “magico”, abitato da uno gnomo, che ben volentieri accoglie ciucci e biberon donati dai loro baby proprietari, che vengono poi appesi sui rami per decorarlo. In cambio i bimbi ricevono dallo gnomo un dono, un piccolo regalo che li gratifica. Assieme alla promessa che quei biberon e quei ciucci – e tutti i ricordi a essi collegati dei bambini che li hanno usati – non andranno persi, ma saranno affettuosamente conservati.

Nei primi mesi di vita biberon e ciucci sono fondamentali per dare al neonato protezione e sicur
Nei primi mesi di vita biberon e ciucci sono fondamentali per dare al neonato protezione e sicurezza

I rischi di un legame prolungato 

E chissà se c’è uno gnomo a sorvegliare anche la giostra del Buzzi. Probabilmente sì, mandato dalla Danimarca o dalla Norvegia. Depositaria di questo segreto è la dottoressa Chiara Bulgheroni, che ha lavorato in team assieme ai medici del Buzzi. Quanto sia importante staccarsi senza traumi dal ciuccio – che tuttavia, vale la pena ricordarlo, non va nemmeno demonizzato perché riveste un ruolo fondamentale nei primi sei mesi di vita del neonato, per aiutarlo a rassenerarsi in questa fase di adattamento alla vita extrauterina – lo fa capire il dottor Franco Pignatelli, responsabile dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria Pediatrica: “Per quanto il ciuccio possa rappresentare un valido strumento per calmare e consolare i propri figli, e addirittura sembra svolgere un ruolo protettivo nei confronti delle morti improvvise infantili, il suo utilizzo eccessivo può determinare delle complicanze significative, in particolare sulla salute orale. È stato dimostrato come vi sia una correlazione tra il prolungato uso del ciuccio e la comparsa di disformismi facciali e malocclusioni. Nonostante i potenziali effetti dannosi legati al suo utilizzo, il distacco dal ciuccio rappresenta un evento fortemente stressante, sia per il bambino sia per i suoi genitori, e per questa ragione è importante poter offrire uno strumento utile di accompagnamento”. Fra le possibili patologie, pur non così fortunatamente diffuse, ci sono otiti e difficoltà nello sviluppo del linguaggio.

Il distacco dalla dipendenza da ciuccio dev'essere graduale, sereno e non deve provocare traumatismi
Il distacco dalla dipendenza da ciuccio dev'essere graduale, sereno e non deve provocare traumatismi

A che età abbandonarlo 

Ma qual è l’età per iniziare gradualmente, e senza provocare traumi, ad abituare il proprio piccolo a non aver sempre in bocca al ciuccio? La fase consigliata dai pediatri è quella che va dai 2 ai 3 anni, e che coincide con lo sviluppo della dentatura e della mascella. Il ciuccio può infatti creare delle interferenze rispetto a queste due importanti fasi della crescita. Su un piano più strettamente psicologico, i pediatri sono concordi nel ritenere che se fino a 3 anni il ricorso al ciuccio (o al biberon) per calmare il piccolo e offrirgli sicurezza e protezione da ansie e paure sia fisiologico, oltre questa età, che segna di solito l’ingresso alla scuola materna, un suo utilizzo prolungato e quotidiano, a cui il piccolo sembra non riuscire a rinunciare, possa in realtà nascondere un disagio meritevole d’essere approfondito, e comunque non trascurato. Suonare insomma come un campanello d’allarme.

L'abbandono graduale del ciuccio può essere gestito col supporto e i consigli del pediatra di famiglia
L'abbandono graduale del ciuccio può essere gestito col supporto e i consigli del pediatra di famiglia

I segnali a cui prestare attenzione 

Quali sono dunque i segnali a cui mamma e papà devono prestare attenzione? Fra i tre principali – che vanno certamente graduati sulla base delle singole storie personali del bimbo e sempre attraverso la consulenza del proprio pediatra – l’incapacità del piccolo ad abbandonare il ciuccio col suo ingresso alla materna, quindi come si è detto intorno ai 3 anni; l’abitudine a bere dal biberon anche durante le ore del sonno, del tutto impropria fra i 2 e i 3 anni quando il piccolo dovrebbe aver compreso la differenza fra orari diurni deputati ad alimentarsi e quelli notturni riservati al sonno; l'uso prolungato di ciuccio e biberon associato ad altre problematiche che s'iniziano a riscontrare come la difficoltà a relazionarsi con altri coetanei o ad addormentarsi.  

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Come comportarsi 

Come possono fare mamma e papà a portare a termine con dolcezza questo passaggio? La dolcezza è proprio l’elemento che non deve assolutamente mancare. Togliere ciuccio e biberon non dev’essere visto dal bambino come una punizione e tanto meno un’umiliazione. Vanno quindi evitati messaggi svalutanti come “Non ti vergogni ad avere ancora il ciuccio?” o paragoni con altri bambini che non l’hanno più. In ogni caso ci vogliono gradualità e pazienza. “Si deve cominciare a toglierlo con gradualità nel corso della giornata – consigliano i pediatri del Buzzi – aumentando a poco a poco le ore in cui il bimbo dovrà starne privo, prevedere gratificazioni e lodi per i risultati conseguiti ed evitare nel limite del possibile momenti stressanti come potrebbero essere l’ingresso all’asilo, la nascita di un fratellino o di una sorellina o, altro esempio, un trasloco”.