
alentina Di Mattei
"È un segnale, un riconoscimento concreto del nostro ruolo e del nostro lavoro". Ma Valentina Di Mattei, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, fa subito capire che "tutto questo non basta".
I numeri sono troppo bassi?
"Le quantità sono esigue. Ai numeri si aggiunge un altro limite: la durata a termine di questi contratti. Sono solo 36 mesi".
C’è il rischio di nuovi precari? "La mancata stabilizzazione dei professionisti crea un problema occupazionale e rischia di dirottare le eccellenze verso altre scelte. Tuttavia il problema principale dei contratti a tempo è sui pazienti: è fondamentale che il nostro ruolo venga riconosciuto come strutturale e continuativo, parte integrante e stabile delle équipe multidisciplinari nei contesti in cui operiamo. In particolare, nelle Case di Comunità la presenza dello psicologo non può essere temporanea o marginale. I percorsi avviati non possono terminare in base ai fondi".
L’alternativa obbligatoria è rivolgersi al privato, per chi può?
"Questo è il grande problema che si sta cercando di superare tramite bandi o il bonus psicologo introdotto per calmierare le tariffe. Ci stiamo battendo perché non ci sia una selezione in base alle possibilità economiche: anche per questo la nostra presenza nelle strutture sanitarie pubbliche deve diventare strutturale".
Non ci sono leggi?
"C’è e prevede lo psicologo delle cure primarie. La sua funzione è simile a quella del medico di base, prende in carico il paziente, dà una prima risposta e indirizza allo specialista. Sono stati stanziati 36 milioni, ma le Asst l’hanno messa poco in atto".
Negli ospedali iniziano a diffondersi anche servizi di psicologia dedicati all’oncologia o alla cardiologia. Siamo a una svolta?
"Sono figura istruite dagli anni ’90 ma iniziano in questi ultimi anni a strutturarsi: sono fondamentali per accompagnare il paziente nell’impatto di diagnosi importanti. Purtroppo c’è un vuoto normativo da colmare: non c’è una legge che ne prevede la presenza, ci arrangiamo grazie alle associazioni del terzo settore o alle borse di studio. Anche qui c’è precarietà".
Eppure la domanda di servizi cresce.
"Almeno il 30% in più dopo il Covid. è come se la pandemia abbia diffuso maggior consapevolezza sull’importanza di chiede aiuto sia per disturbi conclamati, sia per prevenzione".
Sono cambiati anche i destinatari?
"Sì, abbiamo visto una crescita importante di giovani e adolescenti e di genitori".
È una professione che ancora attira i giovani?
"In Lombardia dalle università escono tanti giovani. L’interesse c’è come si vede anche dagli iscritti all’Ordine".
Il digitale, le prestazioni a distanza, sono un aiuto per rendere il servizio più accessibile ovunque e a tutti?
"Nelle città sicuramente c’è un’offerta superiore rispetto alle zone montane. Con le piattaforme digitali siamo riusciti di arrivare anche dove fisicamente è più difficile e a ridurre i costi delle prestazioni. Ci sono però due aspetti da valutare: se una prestazione a distanza costa 45 euro, al professionista ne arrivano la metà. Il compenso non è proporzionato. L’altra questione riguarda l’efficacia: quanto si perde con un colloquio tramite computer in termine di valore terapeutico? Stiamo riflettendo".