
Maria Palomares, “pasionaria“ delle iniziative degli inquilini delle case popolari contro le occupazioni abusive
MILANO – “Alla madonnina i fiori non mancano mai”. Indica la nicchia con la piccola statua in terracotta, lei che pure si chiama Maria, proprio all’inizio della corte con giardino, racchiuso tra le palazzine delle case popolari. “Non è mica cosa da poco, è importante”. “Altroché”. Poi, “le aiuole, l’erba, le fioriere lungo la rete (“Dove può capitare che qualcuno scavalchi per scappare dalla polizia o per rubare“, aggiungerà dopo), abbiamo curato direttamente tutto noi”. Noi chi? “Ma noi del civico 6. Qui la gente lo sa. Ci pensano due volte prima di venire a occupare gli appartamenti sfitti. Sanno che qui abita Maria Palomares. Una rompico***ni”, Si presenta così l’anfitrione vestita di rosso. Quartiere Giambellino, Milano Sudovest. Quadrilatero delle palazzine dell’Aler. Via Odazio. Autogestione, almeno per la manutenzione ordinaria, che qui significa: pulizia scale, cura delle aree verdi, rappezzi di intonaco quando serve, manutenzione delle grondaie e, soprattutto, ronde diurne e notturne per evitare che qualcuno entri a occupare.
“La gente resta in casa, non va in vacanza, e non solo perché costa troppo. Hanno tutti paura di andare via e trovarsi l’appartamento occupato quando tornano. Ma pure io me ne sto qui quest’estate. Poi ci diamo tutti una mano: se qualcuno va via per qualche giorno, c’è un altro che controlla. E poi quell’altro, magari, ricambia il favore”.

Funziona più o meno così, spiega Maria, l’organizzazione delle ferie estive per gli inquilini del numero 6. “Dai, un pò come in azienda”. Ride, ma poi si fa seria: “Ci mettiamo qui tutte le sere”, racconta mentre siede serafica sulla panchina (“Che è il nostro rifugio, perché nel parco non si può andare”) nel cortile. “Stiamo qui pure fino alle due di notte. Chiacchieriamo. Ma restiamo vigili, attenti a quello che accade intorno”.
La scena delle sere d’agosto è più o meno questa: gli inquilini e le inquiline, un po’ “sciure” e un po’ soldate, tra le candele di citronella per scacciare insetti, zanzare e abusivi. “Ci è già capitato, più di una volta. Spaccano le lastre e entrano in casa. L’ho sempre segnalato, e sono venuti a sgomberare qualche volta, almeno finchè c’era il vecchio presidente dell’Aler (Angelo Sala, ndr)”.
E quello nuovo? “Alan Rizzi? E chi l’ha visto. Qui non è venuto. Ma io lo aspetto”. Si fa piccola piccola, come se stesse facendo spazio a tre persone, e ribadisce il concetto: “Lo aspetto seduta qui sulla panchina, voglio fargli vedere la mia periferia”. Andiamo a vedere. Nel quadrilatero che comprende via Lorenteggio, via Giambellino, via Odazio e via Inganni ci sono più di 26 mila appartamenti, quasi tutti sotto la gestione dell’Azienda lombarda per l’edilizia residenziale. Molte sono sfitte, alcune perché non raggiungono i minimi standard abitativi, le cosidette “sotto soglia”, alcune sono occupate abusivamente. Le prime case popolari furono costruite tra il 1939 e il 1940, ma i più degli edifici furono completati dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il quartiere è interessato dal 2021 da un piano di riqualificazione ambizioso, per un valore di quasi 60 milioni di euro.Gli interventi più recenti si concentrano sulla demolizione e ricostruzione di vecchi caseggiati. Le prime a essere state buttate giù sono le palazzine di via Manzano, seguite da quelle all’angolo tra via Lorenteggio e via Segneri, e successivamente quelle di via Giambellino 150. Al loro posto, sono in costruzione nuovi edifici. Un’altra demolizione, quella all’angolo tra le vie Segneri, dei Sanniti e Manzano, ha lasciato spazio a un’aiuola verde. I lavori procedono a tratti, tra sgomberi e situazioni abitative fatiscenti. Basta spostarsi qualche civico più in là: l’intonaco crepato, annerito dall’umidità. Le finestre rotte e rattoppate alla buona.
Maria se lo chiede spesso: “Che futuro ci aspetta? Magari ci mandano nelle case nuove che ci meritiamo, ma magari no. Qui si è creata una sorta di armonia, se finiamo chissà dove potrebbe essere pure peggio”. Passa uno scoiattolo. Sui balconi che affacciano sulla corte qualche stendibiancheria, tappeti da spolverare. Tapparelle abbassate. Si fa la conta delle case ancora vuote: “Su questo lato ce ne sono almeno sei. Più questa, che era abitata da una signora anziana, morta da poco”. C’era pure una centenaria, fino a poco tempo fa. “Tutti regolari”, precisa Maria. Ci ripensa: “La maggior parte”. “Gli anziani mica escono”, dice, “vivono barricati in casa, noi poi ci diamo tutti una mano. Ci prendiamo cura di loro, andiamo a fare la spesa per tutti”.
Fa caldo. “Bisogna sopportarlo”, dice Franco Colombo, uno degli inquilini, “basta non pensarci. Un’estate come un’altra, passa anche qui, come dappertutto”. Giacomo Bertelle ha 27 anni: “A me piace vivere qui, anche se l’altra sera hanno arrestato due spacciatori, proprio nella strada lì dietro. Ogni tanto un pò di paura ce l’ho anche io, ma credo che sia normale”. Ore 13. Ancora un pò di chiacchiere prima di pranzo. Si passa da Sandro Pertini a Meryl Streep, in due minuti. L’attrice “ha comprato una casa in Italia”. Ma è ovvio, “l’Italia è il posto più bello del mondo”. Certo. E a Ferragosto cosa si fa? “Ci mettiamo qui nel nostro cortile a fare l’anguriata. Mettiamo una bella tavola, le sedie, ce ne stiamo a mangiare al fresco”. “Ah, guarda qui” , dice Maria, come se si fosse improvvisamente ricordata della cosa più importante al mondo: “Abbiamo costruito questa pergola, così ci facciamo fiorire il gelsomino, prima o poi”.
La rampicante sta germogliando. “Dobbiamo coltivare il nostro giardino”, direbbe Voltaire. Maria aggiungerebbe: “Per forza, se non lo facciamo noi chi lo fa per noi?”