
La chiusura dello showroom avrà ricadute anche sull’occupazione
Milano, 19 giugno 2025 – Lo sfratto, l’addio a uno showroom aperto in piazza 25 Aprile da quando correva l’anno 1989, suscita sentimenti di “rabbia, delusione” e “malinconia”. Un atto d’accusa su un “modello Milano che sta allontanando cittadini e piccoli e medie realtà commerciali dal centro e dalla città”, in una vicenda legata anche al clima degli anni che hanno preceduto le inchieste della Procura sulla gestione dell’urbanistica milanese.
L’architetto 77enne Mauro Bacchini, fondatore di Cargo e High-Tech, dagli anni ’80 punti di riferimento a Milano e di recente anche a Roma per la vendita di mobili e arredi di design, dal 2 agosto dovrà smantellare lo showroom High-Tech in piazza 25 Aprile. Uno sfratto, notificato dall’ufficiale giudiziario, dovuto alla scelta della facoltosa famiglia proprietaria dello stabile, un tempo fabbrica di inchiostro del Corriere, di destinarlo ad altri (e più redditizi) usi.
Partiamo dai dipendenti. In 20, infatti, rischiano il posto di lavoro, come ha denunciato la Filcams-Cgil.
“Con il sindacato c’è un dialogo aperto, cercheremo di ridurre il più possibile l’impatto e faremo ricorso agli ammortizzatori sociali. Dopo la chiusura di piazza 25 Aprile, però, sarà impossibile riassorbire tutti, perché rimarrà aperto solo lo spazio Cargo in via Meucci 50 appena rinnovato e il più recente punto vendita a Roma. Bisogna guardare in faccia la realtà, chiarendo che la chiusura non è legata a una situazione di crisi aziendale o di morosità, ma dalla precisa scelta della proprietà di farci andare via”.
A che cosa è legata questa decisione?
“L’idea della proprietà era quella di realizzare uno studentato, come hanno già fatto in scala più piccola in altri spazi. Un’operazione che probabilmente consente rendimenti importanti, maggiori dell’affitto di 170mila euro all’anno che a gennaio 2023, quando è scaduto il contratto, ci hanno chiesto di raddoppiare aggiungendo anche lavori a nostro carico per 600mila euro. Una richiesta insostenibile.
Ora ci mandano via per lasciare libero uno spazio che rischia di restare inutilizzato. A seguito delle inchieste, infatti, progetti di trasformazione di questo genere sono diventati molto più lenti e costosi, anche perché si tratta di uno stabile in un cortile. Hanno cercato di far passare il ‘salva Milano’, la classica pezza peggiore del buco, ma la corsa all’oro del mattone si è arrestata.
State cercando nuovi spazi?
“Abbiamo tentato di chiedere al Comune un aiuto per trovare location alternative, ma non ci hanno neanche degnato di considerazione. Probabilmente non facciamo parte del ‘cerchio magico’. I canoni di affitto per spazi di simili dimensioni sono poco sostenibili. Teniamo gli occhi aperti, nel frattempo investiamo su via Meucci e Roma”.
Come ha visto cambiare piazza 25 Aprile, dagli anni ’80?
“Quando siamo arrivati, negli anni ’80, abbiamo preso in mano un edificio abbandonato, senza neanche pavimenti e serramenti. Trasformarlo è stato uno sforzo immane. Non vorrei essere nostalgico ma un tempo c’era una comunità, negozi di vicinato che sono stati costretti a chiudere. Anche la panetteria Princi ha dovuto lasciare. Negli ultimi anni i prezzi degli affitti sono aumentati del 60-80% nella zona, dove ci sono sempre meno residenti e una presenza sempre più massiccia di popolazione ‘fluttuante’, di passaggio. Il nostro sfratto si inserisce in questo contesto: avidità personali e speculazioni immobiliari. È frutto di precise scelte, anche politiche, sullo sviluppo della città. Non vogliamo fare le vittime e ce la caveremo da soli, come abbiamo sempre fatto”.