
Simone Ciaruffoli, fondatore del marchio di fast food Burgez
Milano – Il “fast food più irriverente del mondo” ha conosciuto il suo exploit nella Milano di Expo, grazie anche a un’intensa attività di marketing e comunicazione, esportando il marchio Burgez anche in altre città d’Italia. Una parabola che ora si è scontrata con la crisi, e con debiti che si sono accumulati fino a mettere a rischio l’attività imprenditoriale. Il Tribunale fallimentare di Milano, nei giorni scorsi, ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale di Burgez Srl, la società con sede in viale Vittorio Veneto 28 fondata dal vulcanico imprenditore e scrittore Simone Ciaruffoli. Una procedura che sostituisce il fallimento, e permette di vendere i beni dell’impresa per saldare i creditori garantendo una soluzione ordinata della crisi.
È stato nominato inoltre un curatore, l’avvocata Francesca Monica Cocco, che dovrà analizzare i documenti dell’impresa e “procedere immediatamente, utilizzando i più opportuni strumenti anche fotografici, alla ricognizione informale dei beni esistenti nei locali di pertinenza del debitore” per effettuare un inventario. Per il prossimo 15 ottobre è stata fissata, in Tribunale, l’udienza dei creditori per l’esame dello stato passivo. Nella sentenza, i giudici evidenziano che “ricorre il requisito di procedibilità dal momento che i debiti scaduti sono largamente superiori a 30mila euro” e che sussiste “una situazione di insolvenza dell’impresa, desumibile dalle stesse dichiarazioni confessorie contenute nel ricorso” presentato dalla stessa società, che ha chiesto l’apertura della liquidazione giudiziale. Un tentativo, quindi, di ricomporre la crisi e provare a ripartire.
Burgez, dal 2015, ha inaugurato un piano di espansione, mettendo le sua bandierine nelle zone della movida milanese, con locali in corso di Porta Ticinese, via Savona e via Marghera. “Il primo vero burger in Italia – si presenta la catena – quello che ha insegnato a tutti come si fa un burger statunitense. Non ci bastava però essere i più buoni (nel gusto), volevamo anche essere i più cattivi (nella comunicazione)”.
Un successo guadagnato, infatti, anche con campagne di guerrilla marketing, come quella del 2021, quando fu inserito all’interno delle confezioni degli hamburger un bigliettino scritto da una finta lavoratrice sfruttata: “Aiutami, sono un cassiera di Burgez, non mi stanno pagando da tre mesi. Fallo sapere a tutti”. Un’iniziativa pubblicitaria seguita anche da alcune polemiche, per lo “scherzo di cattivo gusto” su un tema delicato come quello del lavoro: negli anni della pandemia, infatti, sono peggiorate le condizioni già precarie dei lavoratori della ristorazione.
A marzo del 2019, inoltre, i fast food della catena avevano regalato, per la festa della donna, delle magliette con le istruzioni per “il vero doggy style”. Anche in quel caso erano scoppiate le polemiche e alla fine dai social era sparito ogni riferimento. Idee del fondatore Simone Ciaruffoli, direttore creativo dell’agenzia Upper Beast Side e autore anche di un’autobiografia, “Il vangelo secondo Burgez”, narrando la sua avventura imprenditoriale che in cinque anni lo ha condotto “dalla povertà assoluta alla ricchezza”.

Burgez si inserisce in un lungo elenco di catene finite in crisi, in una piazza redditizia ma anche difficile come quella milanese. Catene come Vapore Italiano srl, creata dal milanese Vanni Bombonato, con i suoi food stores “That’s Vapore“. È finito in liquidazione giudiziale anche il gruppo Sun Tzu, fondato nel 2015 da Edoardo Maggiori, che possiede 12 locali a Milano tra cui Filetteria Italiana, catena specializzata nella carne e i brand di cucina fusion Magnaki ed El Tacomaki.