Milano – I sopravvissuti si contano sulle dita di una mano. Da entrambe le parti. L’operazione della Dda ha smantellato i direttivi delle due curve, la Nord interista e la Sud milanista, creando indirettamente un gigantesco vuoto di potere. Chi lo riempirà per traghettare il tifo organizzato rossonerazzurro verso un futuro tutto da decifrare? Partiamo dal secondo anello verde. L’omicidio di Antonio Bellocco aveva già destabilizzato gli equilibri già atavicamente precari. E il fatto che ad assassinare Totò u Nanu sia stato proprio il suo partner in affari Andrea Beretta ha eliminato automaticamente pure il quarantanovenne pluridaspato, fermato dai carabinieri e portato in carcere.
Poi è arrivato il blitz della Squadra mobile, che ha spazzato via il resto del direttivo: il capo pro-tempore Renato Bosetti è finito in cella, mettendo fine all’interregno più breve della storia; e con lui sono stati ammanettati pure l’ex frontman Marco Ferdico, il padre Gianfranco, Mauro Nepi e Matteo Norrito.
Chi è rimasto fuori? Uno dei pochi superstiti è Nino Ciccarelli, uno degli storici esponenti della Nord. È stato proprio lui a chiamare a raccolta la tifoseria sui social, dopo una riunione improvvisata fuori da un pub all’Arco della Pace andata in scena lunedì sera: «La curva non molla, andiamo avanti».
Ieri il primo banco di prova per il match di Champions League tra Inter e Stella Rossa: chi ha alzato lo sguardo verso il secondo anello verde ha immediatamente notato l’assenza dello striscione «Curva Nord», che dopo il delitto Bellocco aveva sostituito temporaneamente quello voluto da Beretta «Curva Nord Milano 1969» per unificare tutti i gruppi dopo l’assassinio di Vittorio Boiocchi il 29 ottobre 2022.
Segno che la riorganizzazione non è ancora iniziata, anche perché evidentemente manca qualcuno in grado di prendere subito le redini. O meglio: è ancora troppo presto per immaginare il nuovo corso. Il megafono per lanciare i cori è stato momentaneamente ereditato da Christian Lembo, che fino a qualche settimana fa collaborava con Mauro Nepi in balaustra. Poi si vedrà.
Negli atti dell’indagine, si accenna alla possibilità che qualcuno possa essere interessato a inserirsi nel business occulto degli ultrà: è vero, ad esempio, che Bellocco si è fatto argine contro gli appetiti di altri esponenti legati a famiglie di ’ndrangheta (gli «africoti» in particolare); e di conseguenza è vero che i lucrosi affari sporchi di San Siro fanno gola eccome alla criminalità organizzata. Certo, ora lo scenario è cambiato: la pressione delle forze dell’ordine e l’attenzione richiamata una volta di più sullo stadio dall’operazione «Doppia curva» non sembrano proprio un buon viatico per chi vuole ereditare lo scettro. Non è da escludere, invece, un rientro in grande stile dell’ala di estrema destra, gli Irriducibili bruscamente estromessi da Bellocco e Beretta.
Stesso discorso vale dalla parte opposta. Pure la Sud è stata decimata: fuori i fratelli Luca e Francesco Lucci e i loro pretoriani Alessandro Sticco, Luciano Romano, Fabiano Capuzzo, Islam Hagag e Roberto Bonissi.
Chi è rimasto? Un nome su tutti: Giancarlo Capelli detto il «Barone», storica figura di riferimento al secondo anello blu. Ieri gli ultrà milanisti si sono presentati regolarmente a Leverkusen per seguire la sfida contro i padroni di casa tedeschi, dietro lo striscione «Avanti banditi». Chi li guiderà? Le intercettazioni di Lucci raccontano che per due volte l’ex capo Giancarlo «Sandokan» Lombardi ha provato a riprendersi il comando dopo gli arresti: in tutte e due le occasioni, i tentativi sono stati respinti, ma va sottolineato che all’epoca i fedelissimi del ’Toro‘ erano tutti al loro posto. Adesso non è più così.