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Impagnatiello, la cognata e la T-Roc dell’orrore: così Giulia Tramontano è stata oltraggiata anche dopo morta

La donna condannata a risarcire la famiglia della ragazza uccisa: avrebbe acquistato la vettura utilizzata per trasportare il corpo, in una manovra per diminuire “la consistenza patrimoniale” dell’ex barman. Il caso del furto per cui l’assicurazione rifiutò il rimborso

Alessandro Impagnatiello e Giulia Tramontano

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Milano, 28 agosto 2025 – Alessandro Impagnatiello non ha mai offerto un risarcimento, neanche simbolico, ai familiari di Giulia Tramontano, la fidanzata incinta di sette mesi che ha ucciso nel maggio del 2023 accoltellandola in casa a Senago.

E, due mesi dopo il femminicidio, quando si trovava già in cella, avrebbe cercato anche di liberarsi dei suoi beni, vendendo e intestando alla cognata la Volkswagen T-Roc con cui fu trasportato il cadavere della donna nascosto a bordo.

Una manovra per “diminuire la consistenza patrimoniale” dell’ex barman e farlo risultare nullatenente, evitando così di dover risarcire le parti civili, che è costata alla cognata di Impagnatiello una condanna in primo grado, emessa dal Tribunale civile di Milano, a versare circa 25mila euro ai familiari della vittima per i danni provocati.

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La cessione dell’auto è emersa grazie a un controllo effettuato sul Pubblico Registro Automobilistico (Pra) dai legali delle parti civili, dal quale è risultato che quella vettura (all’epoca fu sequestrato solo il pianale per rilevare le tracce) era ancora in circolazione e intestata alla cognata del killer che, lo scorso ottobre, ha denunciato anche il furto dell’auto: un furto dalla dinamica “anomala”, come ha messo nero su bianco in una dichiarazione agli atti la compagnia assicurativa, che per questo si è rifiutata di erogare il risarcimento. La famiglia della vittima ha presentato quindi un esposto in Tribunale, da cui è scaturito il processo concluso con la condanna.

SENAGO
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“Alla famiglia di Giulia Tramontano – spiega l’avvocato Giovanni Cacciapuoti – ciò che interessava è che quella macchina non circolasse più liberamente e che fosse distrutta, anche perché all’epoca non fu mai sequestrata”.

ll giudice Francesco Pipicelli, nella sentenza, ha dato quindi ragione alla famiglia di Giulia, secondo cui quella macchina sarebbe stata venduta alla parente solo al “fine di sottrarre il predetto bene alle ragioni creditorie dei familiari di Giulia Tramontano”, con la piena consapevolezza del fratello e della cognata. Impagnatiello, intanto, sta scontando la condanna all’ergastolo, confermato anche in secondo grado. Una volta depositate le motivazioni della sentenza potrebbe aprirsi un nuovo round in Cassazione, con il ricorso della difesa e la possibile impugnazione della Procura generale sul mancato riconoscimento dell’aggravante della premeditazione.