CHRISTIAN SORMANI
Cronaca

Trifone tace, Lavezzo parla. Colpi di scena in aula

L’ultima udienza del processo Ravasio ha alzato il livello dello scontro in aula, con una giornata che resterà impressa...

Fabio Ravasio, la vittima

Fabio Ravasio, la vittima

L’ultima udienza del processo Ravasio ha alzato il livello dello scontro in aula, con una giornata che resterà impressa nella memoria del dibattimento. Davanti alla Corte d’Assise, avrebbe dovuto testimoniare anche Marcello Trifone, marito di Adilma Pereira Carneiro – la donna accusata di essere il cervello del presunto complotto contro Domenico Ravasio – ma l’uomo ha scelto il silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Un’assenza pesante, che ha lasciato spazio alla voce di Fabio Lavezzo, imputato a sua volta, chiamato a rispondere alle domande del pubblico ministero Ciro Caramore e degli avvocati delle parti. Ma le risposte di Lavezzo, infarcite di "Non ricordo" e ambiguità, hanno acceso la miccia: il confronto con il pm è diventato un braccio di ferro, fatto di contestazioni, toni accesi e sguardi gelidi.

A rendere tutto ancora più torbido, le deposizioni di due testimoni citati dallo stesso Lavezzo. Uno di loro ha raccontato di essere stato contattato in più occasioni dall’imputato per trovare qualcuno disposto a "lasciare a terra" Ravasio. Parole che, secondo quanto emerso in un messaggio audio, si sarebbero tradotte in una vera e propria offerta di 50-60mila euro per colpire il 53enne. Una cifra ritenuta eccessiva da Pereira Carneiro e dagli altri imputati. Ma soprattutto, un messaggio che – secondo il teste – svelerebbe un intento ben più grave di una semplice aggressione. "Sono arrivato a parlare di quei soldi solo per togliermelo di torno", ha dichiarato, "ma solo dopo ho capito che si parlava di uccidere, non di picchiare". Una frase che ha gelato l’aula.

Il processo ora si ferma. Il prossimo appuntamento è per il 6 ottobre e promette un ulteriore scossone: toccherà questa volta ad Adilma Pereira Carneiro salire sul banco dei testimoni. Lei, la figura centrale di tutta la vicenda, la "Mantide" che secondo l’accusa avrebbe orchestrato ogni cosa. Durante l’ultima udienza ha chiesto – e ottenuto – di lasciare l’aula mentre Lavezzo parlava.

Christian Sormani