
Le parole di uno degli otto imputati nel delitto orchestrato dalla mantide
BUSTO ARSIZIO (Varese)Svolta shock in aula nell’omicidio Ravasio: "Ero coinvolto nel piano, ma non ho avuto il coraggio di fermarli". Con una confessione fredda e carica di rimorso, Fabio Lavezzo, 33 anni, ha scosso la Corte d’Assise di Busto Arsizio: "Sono stato coinvolto nell’organizzazione dell’omicidio. Era il 9 agosto 2024, il giorno in cui Fabio Ravasio è stato ucciso".
Un silenzio carico di tensione ha accolto le sue parole, pronunciate spontaneamente di fronte ai giudici. Lavezzo è uno degli otto imputati nel processo per la morte di Ravasio, travolto da un’auto mentre era in bicicletta a Parabiago, nel Milanese. Per l’accusa, dietro l’apparente incidente stradale si nascondeva un delitto premeditato, orchestrato da Adilma Pereira Carneiro (foto), 49 anni, brasiliana, compagna della vittima, ribattezzata la “mantide di Parabiago“.
Secondo il racconto di Lavezzo, Adilma avrebbe accusato Ravasio di maltrattamenti: "Diceva che non poteva lasciarlo, temeva per la sua incolumità, ma anche per motivi economici. Lo dipingeva come un uomo che non avrebbe mai accettato la separazione". Il testimone, legato sentimentalmente alla figlia di Adilma, ha riferito di aver sentito la donna e Massimo Ferretti, gestore di un bar locale e ultimo amante della mantide, parlare apertamente dell’intenzione di uccidere Ravasio simulando un incidente.
E non solo: "Ferretti disse: ‘Dopo di lui toccherà anche alla vecchia’, riferendosi ad Annamaria, la madre di Fabio. Si opponeva al progetto di Adilma di acquistare una cascina da trasformare in rifugio per animali". Il piano prevedeva che Lavezzo svolgesse un ruolo chiave: "Avrei dovuto bloccare il traffico con il mio furgone e dare il via libera a Igor (figlio di Adilma) e a Marcello Trifone (marito della donna) per investire Fabio con la Opel".
Ma qualcosa dentro di lui lo ha frenato: "Adilma venne a dirmi di spostarmi perché potevo insospettire qualcuno. Dovevo tornare più tardi, ma non l’ho fatto. Volontariamente. Speravo così di impedire l’omicidio". Invece, l’auto partì comunque. Ravasio fu travolto e ucciso. "Quando ho visto la Opel con i segni dell’investimento, mi si è gelato il sangue. Igor e Marcello lo avevano fatto. Non ho avuto il coraggio di fermarli. Avrei dovuto avvisare le forze dell’ordine, e me ne rammarico profondamente".
Christian Sormani