CHRISTIAN SORMANI
Cronaca

Omicidio di Cataldo Aloisio: al processo d’appello bis altri due ergastoli. Chi sono i condannati

Il corpo dell’imprenditore edile di 34 anni originario di Cirò Marina fu trovato nel settembre 2008 nella zona del cimitero di San Giorgio su Legnano

Il luogo del ritrovamento del cadavere; nel riquadro, Cataldo Aloisio

Il luogo del ritrovamento del cadavere; nel riquadro, Cataldo Aloisio

San Giorgio su Legnano, 5 giugno 2025 – Due nuove condanne all’ergastolo sono state pronunciate nel processo d’appello bis legato all’omicidio di Cataldo Aloisio, imprenditore edile di 34 anni originario di Cirò Marina, assassinato in un agguato di stampo mafioso il 27 settembre 2008.

Il suo corpo fu ritrovato senza vita la mattina stessa, abbandonato nei pressi del cimitero di San Giorgio su Legnano. Il processo, riaperto per far luce sul ruolo di eventuali complici del già condannato Vincenzo Rispoli – capo della cosca di ‘ndrangheta attiva tra Legnano e Lonate Pozzolo – si è concluso con la decisione della seconda Corte d’Assise d’Appello di Milano di infliggere la pena dell’ergastolo a Vincenzo Farao e Francesco Cicino.

Cataldo Aloisio era genero del boss Giuseppe Farao e l’omicidio sarebbe stato commissionato da figure di spicco della ‘ndrina di Cirò Marina, ovvero Cataldo Marincola e Silvio Farao. Entrambi sono già stati condannati in via definitiva al carcere a vita, insieme a Rispoli, per essere stati i mandanti del delitto.

La nuova sentenza d’appello arriva in accoglimento delle richieste formulate dal pubblico ministero dell’Antimafia di Milano, Cecilia Vassena, e dal sostituto procuratore generale, Daniela Meliota.

Secondo l’accusa, Vincenzo Farao – cognato della vittima – avrebbe avuto un ruolo attivo nell’eliminazione di Aloisio, mentre Francesco Cicino, residente a Legnano ma originario di Guardavalle, è stato identificato come uomo di fiducia di Alessio Novella, figlio del potente boss di ‘ndrangheta assassinato nel luglio del 2007 a San Vittore Olona in una guerra fra famiglie senza tregua. Le motivazioni della sentenza non sono ancora state depositate, ma la decisione rappresenta un ulteriore tassello nel complesso quadro giudiziario che ruota attorno alla presenza della ‘ndrangheta nel Nord Italia e, in particolare, alla lunga scia di sangue e potere lasciata dalla cosca radicata tra la Calabria e l’Alto Milanese.