DANIELE DE SALVO
Cronaca

Vercurago, dalla Rocca dell’Innominato spuntano nuovi manufatti preistorici: “Rivelazioni di 5mila anni fa”

Gli archeologi della Società Archeologica di Albavilla, al lavoro nel paese del Lecchese sotto la supervisione della Soprintendenza, hanno trovato altri significativi reperti

Al lavoro ci sono i giovani archeologi della Società archeologica di Albavilla

Al lavoro ci sono i giovani archeologi della Società archeologica di Albavilla

Vercurago (Lecco), 26 luglio 2025 – Nuovi dettagli, pietre, qualche manufatto, antichi bracieri. Dalla terra continuano a emergere indizi tutti ancora da repertare, analizzare e studiare, ma che sembrano confermare che lì, ben prima che venisse costruito il Castello dell’Innominato, dei Romani e dei Celti, c’era un tempio preistorico vecchio di 5mila anni. Una scoperta sorprendente, unica nel suo genere, destinata a riscrivere i libri di protostoria e storia locale. 

Impegno e passione 

Da ormai più di un mese i giovani archeologi della Sap, Società archeologica di Albavilla, sotto la supervisione della funzionaria della Soprintendenza Alice Maria Sbiriglio, responsabile della tutela archeologica della provincia di Lecco, stanno scavando ai piedi della rocca tra Vercurago e Chiuso e Lecco, dove sorge il Castello dell’Innominato, per verificare quanto nasconda il sottosuolo da cui l’anno scorso è riemerso il frammento del basamento di una stele del 3.000 avanti Cristo, una statua dedicata ad una divinità femminile che indicherebbe che sepolto lì sotto ci sarebbe appunto un santuario eneolotico.  

L'area interessata dagli scavi archeologici in un'immagine dello scorso inverno
L'area interessata dagli scavi archeologici in un'immagine dello scorso inverno

Stratificazioni 

Le indagini sembrano confermarlo. Si sta scavando in larghezza più che in profondità, per valutare l’estensione del sito. “Nonostante il caldo intenso, abbiamo rimosso la stratigrafia superficiale nella parte nord dello scavo – spiega la funionaria della Soprintendenza impegnata in cantiere –. Si tratta di uno spesso strato di riporto che copre strutture probabilmente funzionali al contenimento del terrazzo su cui sorge il sito. L’analisi stratigrafica ci aiuterà a definire la sequenza e la funzione delle evidenze che stiamo portando alla luce”.  

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Strumenti di lavoro 

Si lavora sia di piccone che pala, pennellino e cazzuola. E poi tanta, tanta pazienza. “Conclusa la rimozione degli strati più alti e spessi, ora entriamo in una fase più delicata dell’indagine per leggere ogni dettaglio e comprendere a fondo un contesto così complesso e stratificato – prosegue Sbiriglio –. Ogni giorno emergono nuovi dettagli”. Dettagli che sono come le tessere di un mosaico che raffigura il passato da cui proveniamo.