ANDREA GIANNI
Economia

Rider, stangata su Uber. Per lasciare l’Italia indennizzi da 7 milioni: “Pagamenti in arrivo”

Sindacati e Tribunale stopparono il tentativo di andarsene a costo zero. Accordo collettivo e cause individuali: il conto complessivo è salato

Uno dei rider che ieri hanno lavorato a Milano sotto la pioggia

Uno dei rider che ieri hanno lavorato a Milano sotto la pioggia

Milano – Per lasciare l’Italia, la piattaforma Uber Eats dovrà pagare un conto salato. A conti fatti circa 7 milioni di euro, secondo stime emerse dagli ultimi incontri con i sindacati: una metà per saldare decine di accordi individuali con i suoi ex rider, e l’altra legata all’accordo dello scorso ottobre, davanti al ministero del Lavoro, per chiudere la procedura di licenziamento collettivo per 1.391 ciclofattorini che si occupavano di consegne a domicilio per conto della piattaforma statunitense. Un’intesa, siglata da Filcams Cgil, Filt Cgil, Nidil Cgil, Fisascat, Felsa Cisl, Uiltucs, Uiltrasporti e Uiltempe da Uber Eats Italy Srl preceduta dalla storica sentenza del Tribunale del Lavoro di Milano, che ha stoppato il tentativo della società, risalente a luglio 2023, di lasciare l’Italia senza versare un indennizzo ai rider inquadrati come lavoratori autonomi. L’incentivo economico va da mille fino a 11.500 euro a testa, da determinare “in base alla media delle consegne effettuate e dei ricavi mensili”, con un importo medio di circa 5-6mila euro.

Perché i soldi finiscano effettivamente nelle loro tasche servirà ancora del tempo. I rider legati all’accordo di ottobre, secondo le ultime comunicazioni ricevute dai sindacati, dovrebbero ricevere i bonifici entro luglio. Per quanto riguarda i ciclofattorini che hanno scelto di fare causa individualmente, raggiungendo un accordo per chiudere il contenzioso, alcuni sono già stati liquidati mentre altri attendono ancor il pagamento delle somme. “L’iter si sta concludendo positivamente – spiega Andrea Bacchin, sindacalista della Nidil Cgil di Milano – dopo un grande sforzo anche per riuscire a contattare i rider che hanno diritto all’indennizzo e in alcuni casi hanno lasciato l’Italia, e per caricare i dati sulla piattaforma predisposta da Uber incontrando una serie di criticità. Abbiamo svolto una serie di assemblee, anche a Milano, e adesso attendiamo che vengano effettuati materialmente i pagamenti. È stata una risposta importante dei sindacati e della giustizia italiana, ponendo un argine al tentativo di lasciare l’Italia a costo zero”.

La battaglia legale era stata avviata su iniziativa della Cgil, ed era culminata nel decreto del Tribunale di Milano del 28 settembre 2024, che ha annullato i licenziamenti ordinando l’applicazione delle normative sulle delocalizzazioni e sui licenziamenti collettivi. In sostanza, secondo i giudici, la multinazionale non può andarsene dall’Italia senza offrire un “paracadute“ ai lavoratori, anche se inquadrati come autonomi. Intanto alcuni degli ex rider di Uber Eats hanno lasciato l’Italia, altri hanno cambiato lavoro, altri ancora lavorano per le poche piattaforme rimaste sul mercato, con le stesse modalità ultraprecarie. Un mondo messo sotto la lente anche dai ricercatori dell’Università Statale, che ieri hanno illustrato i risultati di un’indagine sul campo, con una serie di questionari. Il 12% dei rider ha subito almeno un’aggressione fisica nell’ultimo anno, principalmente per diverbi legati alla circolazione sulla strada ma anche a tentativi di rubare merce, danaro e biciclette. Il 29% è rimasto vittima di incidenti stradali che hanno comportato il passaggio in ospedale. Il 23% lavora per più di 8 ore al giorno, il 63% riporta almeno un disturbo alla salute dovuto al lavoro. “A dicembre un’altra piattaforma, Stuart – denuncia il sindacato Slang Usb – ha lasciato l’Italia e tutti i suoi rider da un giorno all’altro, in bello stile Uber: con una mail. Questo è stato possibile perché i rider lavorano, eccetto che con Just Eat, a falsa partita Iva, il che vuol dire che, oltre a non aver garantite tutele possono essere scaricati e lasciati senza un lavoro da un giorno all’altro”. L’Usb ieri si è riunito in presidio davanti al Tribunale di Milano, durante l’udienza con al centro la vertenza di alcuni rider contro Glovo.