ROBERTO CANALI
Cronaca

Effetto Trump in Canton Ticino: “Alla fine chi paga dazio sono sempre i frontalieri”

Secondo le previsioni sono a rischio 100mila posti di lavoro in tutta la Svizzera. I licenziamenti sono iniziati già da tempo con la crisi del tessile e del lusso

Nella “Svizzera italiana“ i lavoratori con il permesso G sono 78.855 soprattutto dalle province di Como e Varese

Nella “Svizzera italiana“ i lavoratori con il permesso G sono 78.855 soprattutto dalle province di Como e Varese

Como – I dazi di Donald Trump non hanno messo in crisi solo l’UE, che dovrà versare un obolo del 15% per poter vendere in propri prodotti sul mercato USA, dal punto di vista dei tassi applicati è andata molto peggio alla Svizzera che si è vista infliggere un pesantissimo 39%. Secondo le previsioni di Economiesuisse sono a rischio 100mila posti di lavoro, concentrati in particolare nel settore dell’orologeria che guida le esportazioni della Svizzera verso gli Stati Uniti. “Al momento è difficile valutare in che misura la politica doganale degli Stati Uniti porterà a una riduzione dell’occupazione -spiega la federazione delle imprese svizzere in un comunicato - Un fattore decisivo sarà la durata della situazione sfavorevole”.

Se ne sta occupando il Consiglio federale che ha assunto come priorità la necessità di indurre il presidente USA a più miti consigli, ma finora i tentativi di accordo hanno prodotto scarsi risultati. L’obiettivo è riuscire a ottenere dimezzare il tasso e avvicinarlo il più possibile a quello dell’UE, quindi al 15%, vista l’impossibilità di ottenere un trattamento privilegiato come quello ottenuto del Regno Unito che può contare sul 10%.

“Se non si riuscirà a ridurre i dazi in un lasso di tempo ragionevole non riuscirà a ridurre i dazi - proseguono gli imprenditori - si dovrà prevedere un impatto negativo sull’occupazione, in particolare nei settori industriali fortemente esposti”. Insieme agli industriali i più preoccupati sono i frontalieri che in Svizzera sono oltre 400mila (406mila per la precisione, in aumento del 2% nel primo trimestre del 2025), la maggior parte di loro arriva dalla Francia (57,8%), seguono Italia (22,7%) e Germania (16,3%).

Nel solo Canton Ticino, la “Svizzera italiana“, i lavoratori con il permesso G sono 78.855 la maggior parte dei quali provenienti dalle province di Como e Varese. Qui i licenziamenti sono iniziati anche prima del giro di vite sui dazi imposto da Trump, con la crisi del tessile e del lusso che ha fatto chiudere alcune aziende penalizzate dalla diminuzione dell’export. Inutile dire che i primi “a pagare dazio“ sono stati proprio i frontalieri che sono stati licenziati in molti casi senza preavviso.

Niente di sorprendente per i sindacati di categoria consapevoli del fatto che i frontalieri rappresentano la maglia debole dell’occupazione oltreconfine e di conseguenza sono i primi a subire i contraccolpi quando l’economia rallenta. Un tema che sarà affrontato il prossimo 5 settembre a Como nel corso del convegno sui frontalieri, già organizzato dai sindacati italiani e svizzeri, per discutere della “tassa sulla salute” e definire strategie comuni contro la sua applicazione.