
Riccardo Claris, 26 anni, ucciso lo scorso maggio con una coltellata vicino allo stadio di Bergamo: era un grande tifoso dell’Atalanta
Bergamo, 22 agosto 2025 – Per l’omicidio di Riccardo Claris si va verso una richiesta di giudizio immediato, con il fascicolo che sarà riassegnato a un altro pm visto che a breve il titolare dell’inchiesta Guido Schininà sarà trasferito. Nel frattempo, però, emerge un altro particolare, un tassello di questo puzzle che si a va a comporre. Tre amici di Riccardo Claris, 26 anni - laurea in Economia e commercio a Bergamo e un lavoro a tempo indeterminato a Milano - risulterebbero indagati per minacce aggravate nei confronti dei due coetanei che la notte del 4 maggio fuggirono dopo l’accoltellamento con Jacopo De Simone, il 18enne reo confesso dell’omicidio avvenuto a due passi dallo stadio di Bergamo. Gli indagati hanno 17, 21 e 19 anni. Sarebbero stati perquisiti e a quanto risulta a loro sarebbero state sequestrate alcune cinture.
Il 4 settembre, il Ris farà alcuni accertamenti irripetibili su una in particolare. Dai risultati si potrà capire se sia stata usata quella sera durante l’aggressione. In questo anche le immagini delle telecamere della zona, da via Borgo Santa Caterina fin sotto lo stadio, non hanno contribuito a fare chiarezza. In questi mesi, i familiari di Claris, mamma Alessandra Feroldi, 55 anni, dirigente scolastica e la figlia Barbara, 31 anni (assistite dagli avvocati Losito e Facchinetti) distrutti dal dolore, continuano a chiedere giustizia per il loro caro, ucciso dopo un banale diverbio scoppiato al Reef Cafè di Borgo Santa Caterina. Diverbio proseguito fin sotto l’abitazione di De Simone, in via dei Ghirardelli dove Claris è stato raggiunto da una coltellata che gli ha perforato il polmone e reciso l’aorta.
L’aggressore era salito in casa a prendere l’arma, prima di usarla in strada. Si è consegnato ai carabinieri su pressione della madre. Nei giorni scorsi uno striscione a tinte nerazzurre è stato appeso fuori dall’abitazione della famiglia Claris. “Auguri a rimuoverlo“, è scritto in un post su Instagram post, dopo che alcuni degli adesivi sparsi per la città in memoria del ragazzo sono stati strappati. Gli adesivi, hanno spiegato i familiari, non vogliono provocare né odio né vendetta.
Al contrario, “sono solo un mezzo per far sì che la verità esca - spiega la sorella di Riccardo, Barbara –. Ci hanno aiutato, forse, a trovare qualcosa da fare per sopravvivere“.