FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Omicidio di Ricky Claris, cosa è emerso in due settimane di indagini: il giallo di catene e bastoni e i video dell’agguato

Riccardo Claris ucciso a 26 anni con una coltellata alla schiena, la sorella: “Mi stacco dal lavoro per seguire indagini e processo, è un incubo. Voglio giustizia”. In carcere il 18enne Jacopo De Simone: “Condotta violenta, non legittima difesa”. Nei filmati fibbie di cinture ma niente armi

Jacopo De Simone (a sinistra) è accusato dell'omicidio di Riccardo Claris, 26 anni

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Bergamo – All’esterno del civico 26 di via dei Ghirardelli ci sono mazzi di fiori. Sono freschi, segno che sono stati lasciati li da poco. Tengono viva la memoria. Qualcuno ha messo anche uno striscione con scritto: “Rispetto e giustizia per Claris”. Attraversi la strada e ti ritrovi davanti al Gewiss Stadium. Oggi, sabato 17 maggio, è giorno di mercato.

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Sono trascorse due settimane dall’omicidio. Era la notte tra il 3 e il 4 maggio, una lite sullo sfondo di rivalità calcistiche (gli ambienti ultrà non c’entrano) finita nel sangue. Una coltellata da ‘abbraccio”, alla schiena, ha ucciso Riccardo ‘Ricky’ Claris, il 26enne consulente finanziario tifoso dell’Atalanta. In carcere, a Brescia, c’è Jacopo De Simone, 18 anni (assistito dall’avvocato Bosisio), accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi.

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Ora, a due settimane da quel tragico evento, la sorella di Riccardo ha pubblicato una storia sul profilo social della sua attività di tatuatrice. “Per me – scrive Barbara Claris - avere giustizia è fondamentale, non potrò mai trovare una risposta al perché e per come un giovane ha impugnato un coltello e ammazzato mio fratello, non potrò mai farlo perché la risposta non c'è, non è umano”.

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Spiega di aver deciso di prendersi una pausa dal lavoro (ha un negozio nella Bassa) per la necessità di affrontare le questioni legate all'omicidio. “La cosa che però posso fare è vivere tutti i prossimi mesi di indagini e il processo in presenza, cercare di fare giustizia e quando sarà il momento anche raccontare cosa significa vivere tutto quello che sto vivendo”. E aggiunge: “Vi assicuro che non è come si vede nei film, è un incubo che vivi ogni giorno ad occhi aperti e rivaluti tutto, le priorità per me si sono rovesciate”.

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Un omicidio dopo screzi scoppiati tra due compagnie di amici per rivalità calcistiche tra Atalanta e Inter (le tifoserie organizzate hanno preso le distanze) in un bar di Borgo Santa Caterina, e culminati con l'aggressione mortale in via Ghirardelli, sotto casa di De Simone, a 450 metri dal locale. Sul fronte delle indagini, i carabinieri stanno analizzando le immagini delle telecamere che si trovano tra Borgo Santa Caterina e la scena del crimine, vicina al Gewiss Stadium.

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La visione dei filmati è importante per stabilire se quella sera fossero presenti catene e bastoni. Su questo punto le versioni sono contrastanti. De Simone sostiene di aver sferrato la coltellata perché Claris gli sarebbe venuto incontro brandendo una catena, dunque per legittima difesa (posizione respinta dal giudice). Ma i frame di alcuni video mostrano solo cinture e fibbie: niente armi contundenti. Anche alcuni testimoni hanno parlato di catene, ma la loro descrizione non corrisponde all’abbigliamento di Claris. Dunque, per il gip, “le dichiarazioni dell’indagato sembrano smentite dai riscontri”.

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Nell’ordinanza del giudice che ha disposto la misura cautelare in carcere, si sottolinea “l'assenza di un reale, concreto e attuale pericolo sono poi espressivi di un intento di vendetta e di giustizia privata che ha animato l'indagato. Non era legittima difesa, neanche nella sua forma putativa". Jacopo De Simone “era già al sicuro in casa” e avrebbe potuto chiamare i soccorsi. Invece ”ha scelto di armarsi e tornare in strada”.

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Il 18enne durante l’interrogatorio col pm Schininà aveva raccontato che la madre, intuendo il rischio di una degenerazione violenta, aveva nascosto i coltelli prima di scendere per sedare la lite. Ma Jacopo ne aveva preso uno e, una volta fuori, ha affrontato il gruppo dei tifosi atalantini con cui erano nati gli screzi di stampo calcistico. Dopo l’aggressione è fuggito per cercare il fratello (che era con lui al bar) e la fidanzata di quest’ultimo, poi, su consiglio della madre si è consegnato ai carabinieri. Nell’ordinanza si legge di “una condotta connotata da particolare violenza”, motivata da futili ragioni e con il rischio concreto di reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Per questo, ha scritto il giudice, la detenzione in carcere è necessaria.