ROSELLA FORMENTI
Cronaca

Omicidio di Andrea Bossi, la lettera di Michele Caglioni: "Aiutatemi a trovare l’arma del delitto"

Il ventenne di Cassano Magnago interrogato dal pm. Ribadisce: "Sono innocente, è colpa di Douglas Carolo". Poi la missiva alla Rai

Andrea Bossi

Andrea Bossi

Busto Arsizio (Varese) – Una lettera con un appello ai cairatesi, "aiutatemi a trovare l’arma del delitto, è la prova della mia innocenza", a inviarla in esclusiva alla "Vita in diretta", su Rai 1, ieri Michele Caglioni, 20 anni, di Cassano Magnago, arrestato il 28 febbraio con Douglas Carolo, 21 di Samarate, con l’accusa di omicidio volontario in concorso per il delitto di Andrea Bossi, il giovane di 26 anni ucciso nella tarda serata del 26 gennaio nella sua abitazione in via Mascheroni a Cairate.

Nella lettera, di cui pare non fosse a conoscenza il legale del giovane, avvocato Luigi Ferruccio Servi, ha ribadito la sua innocenza e ha indicato anche dove potrebbe essere l’arma del delitto, un coltello, gettato in un tombino a Cairate nei pressi di un maglificio. Ieri è stato anche il giorno dell’interrogatorio in carcere per Caglioni. Dalle 15 e fino alle 18,30 il giovane ha parlato e ha risposto alle domande del pubblico ministero Francesca Parola che coordina le indagini sull’omicidio.

"Era sereno, è stato collaborativo – ha detto il suo difensore, avvocato Servi – ha confermato la versione dei fatti che aveva già dato davanti al Gip". Caglioni davanti al Gip si era difeso spiegando di non conoscere Bossi e di aver accompagnato quella sera Carolo in monopattino a Cairate e poi di aver aspettato sulla strada mentre l’amico era salito nell’abitazione di Bossi. Quindi aveva riferito di essere entrato nell’appartamento solo dopo e di aver trovato il ventiseienne morto.

Caglioni dopo l’arresto avvenuto il 28 febbraio ha collaborato consentendo ai carabinieri di ritrovare oggetti che erano spariti dall’appartamento, quindi un posacenere utilizzato, secondo l’accusa, per stordire la vittima, un bicchiere, il cellulare fatto a pezzi di Bossi e due mazzi di chiavi dell’appartamento del ventiseienne ucciso con un colpo inferto al collo con un coltello che ancora non è stato trovato. Ieri nell’interrogatorio in carcere Caglioni ha confermato di aver aiutato Carolo a spogliare la vittima dei monili e a recuperare altri preziosi, poi ritrovati dagli inquirenti.

Per un mese, il tempo trascorso tra l’omicidio e l’arresto, il cassanese è stato però in silenzio, ha taciuto con tutti, ieri ha ribadito il motivo, per paura, secondo la sua versione Carolo lo minacciava con messaggi ogni giorno. E su questo punto importanti le risposte che arriveranno dall’esame dei contenuti dei telefonini sequestrati, dal Gip. L’11 aprile sarà Carolo ad essere interrogato dal Pm, si è dichiarato innocente sostenendo che quella sera era altrove.