
Il pavimento della villetta dei Poggi dopo i rilievi per il delitto. A destra la vittima, Chiara Poggi
Garlasco (Pavia), 16 luglio 2025 – Tre aggressori sulla scena del crimine, oppure una trentina di operatori che potrebbero aver “inquinato”. Anche l’ultimo esito comunicato ieri alle parti dal perito, la genetista Denise Albani, incaricata col dattiloscopista Domenico Marchigiani dalla Gip Daniela Garlaschelli, per l’incidente probatorio chiesto dalla Procura di Pavia nella riaperta indagine sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco del 13 agosto 2007, non elimina le divergenze tra consulenti e avvocati nell’interpretazione degli stessi dati e nella formulazione di ipotesi opposte.
La tesi di Marzio Capra
Il nuovo risultato riguarda una terza traccia, delle cinque ricavate dal tampone orale prelevato in sede d’autopsia, che anche alla ripetizione dell’esame ha evidenziato lo stesso profilo Y, al momento ignoto, già emerso nella seconda traccia – quella dell’esito delle ripetizioni comunicate lunedì – sulla quale peraltro la genetista intende effettuare un’ultima prova, esaurendo tutto il materiale disponibile. Mentre nella prima (già all’esito comunicato venerdì scorso) c’era solo quello dell’assistente del medico legale, da contaminazione. Chi propende per attribuire anche questo profilo ignoto a un ulteriore ‘inquinamento’, come i consulenti della famiglia Poggi, Marzio Capra, e della difesa dell’indagato Andrea Sempio, Luciano Garofano, sottolinea che in entrambe le tracce il profilo è misto a quello dello stesso assistente del medico legale.

Rischio contaminazione
E che i quantitativi sono minimi, inferiori a una cellula, tra i 2 e i 4 picogrammi, mentre sulla stessa garza il materiale genetico della vittima è presente in concentrazioni di circa 40mila picogrammi. E l’ipotesi della contaminazione sarebbe avvalorata dalla richiesta del perito di ottenere dal medico legale “qualche specifica in più su come è stato prelevato il tampone orale”.

L’ipotesi del complice
In attesa di questi chiarimenti, resta il fatto, sottolineato invece dalla difesa del già condannato in via definitiva Alberto Stasi, gli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis, “che è presente nel cavo orale un Dna maschile, al momento ignoto”, che anche se in quantità minima ha dato esiti confermati alle ripetizioni, con 22 marcatori sui 26 rilevabili. Già esclusa invece, dai match fatti dai consulenti delle parti, la compatibilità con Stasi e Sempio, nell’ipotesi accusatoria della Procura che vede indagato l’amico del fratello della vittima. Il presunto Ignoto 3 potrebbe essere un complice, che avrebbe tappato la bocca alla vittima.

La suggestione
Un terzo aggressore sulla scena del crimine dunque, insieme a Sempio e a Ignoto 2, ovvero i donatori dei due profili Y estratti dai margini ungueali della vittima (che questo stesso incidente probatorio dovrà stabilire se utilizzabili, come sostenuto dalle consulenze della difesa di Stasi e della Procura, in contrasto con la perizia dell’Appello-bis, e dare l’esito della comparazione ufficiale con l’indagato).
Il “doppio binario”
La caccia all’identità dell’Ignoto 3 procede dunque sul doppio binario dei tre aggressori, di cui due da identificare (e dalle comparazioni informali sarebbero già stati esclusi i due amici coi quali Sempio scambiò telefonate e messaggi il giorno del delitto), o della contaminazione, con le ricerche fra la trentina di operatori entrati in contatto col cadavere, o con la garza usata per il tampone.