
Alessandro Giorgi, dirigente di azienda, ha dedicato tempo e studi alla storia del Novecento
Monza, 19 giugno 2025 – Prendevano parte a missioni di spionaggio conosciute da pochissime persone. Erano operazioni talmente segrete che nemmeno i parenti più stretti degli istruttori di questi 007, ne sapevano qualcosa. Anche in Italia. Per illuminare queste vicende legate alla “vecchia“ Guerra Fredda, ci voleva un cercatore di notizie determinato come Alessandro Giorgi, classe 1960, laureato in Economia aziendale all’Università Bocconi.
L’ex studente del Liceo Zucchi, in realtà, nella vita di tutti i giorni è un dirigente d’azienda. Ma è un profondo conoscitore delle vicende belliche del secolo scorso: ha infatti scritto libri sulla Seconda Guerra Mondiale e sul conflitto del Vietnam.
A quest’ultimo ha dedicato anche i volumi “Vikings in Vietnam“, “Cronaca della Guerra del Vietnam 1961-1975“ e “The Fighting Fathers“. Quest’anno, in occasione del 50simo della fine della guerra del Vietnam, ha pubblicato l’edizione in inglese della Cronaca della Guerra del Vietnam, cioè Chronology of the Vietnam War 1961-1975. Ultimamente ha concentrato la sua attenzione sulle infiltrazioni oltrecortina effettuate appunto durante la prima fase della Guerra Fredda, tra il 1945 e il 1955.
Il materiale verrà utilizzato per un libro di prossima pubblicazione. I protagonisti di queste missioni ad altissimo rischio venivano addestrati anche in Italia. Il loro obiettivo, una volta arrivati nei Paesi del blocco sovietico, era quello di organizzare movimenti di resistenza, fare propaganda, mettere le basi per una rivolta.
I centri di addestramento italiani si trovavano a Bitonto in Puglia e sull’Isola di Montecristo. Qui vennero istruite parecchie decine di volontari di nazionalità albanese. Lo stesso tipo di operazioni venne allestito anche dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra.
Solitamente gli agenti venivano paracadutati nelle nazioni dell’Est Europa. Ma c’era anche chi cercava di infiltrarsi via mare e veniva “depositato“ sulle coste dell’Albania. Vicende sconosciute che Giorgi ha riscoperto esaminando i rapporti della Cia. “In questo caso - ammette Giorgi - bisogna riconoscere come la realtà superi la fantasia. Ho rintracciato anche i discendenti degli istruttori e dei coordinatori delle operazioni, per cercare di recuperare qualche foto. Un tentativo rimasto senza esito. Pure i figli non sapevano quasi niente dell’attività dei padri. Mi è capitato anche di rivelare dei particolari sulla vita dei loro parenti che non conoscevano”.
Gli aeroplani italiani utilizzati per il lancio degli agenti erano pilotati da aviatori italiani. Gli americani usavano piloti polacchi o ungheresi, rimasti in Inghilterra dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. I volontari per queste missioni venivano spesso arruolati nei campi profughi che si trovavano nell’Europa Occidentale. Ma pochi tornarono.
“Viste oggi - aggiunge Giorgi -, queste operazioni facevano acqua da tutte le parti. Anche perché negli stessi campi profughi c’erano informatori dei servizi segreti dell’Est Europa. I servizi segreti sovietici e quelli controllati, come i polacchi, preparavano degli specchietti per le allodole. Facevano credere che in certe nazioni ci fossero gruppi di resistenza, ma non era vero. Gli infiltrati trovarono così situazioni ben diverse da quelle immaginate. In alcuni casi i servizi segreti avevano pure le coordinate del lancio dei paracadutisti. Molti furono catturati, pochi si salvarono. Alcuni sconfinando in Grecia o Jugoslavia”.